domenica 29 giugno 2014

“La sola idea di te” di Rosie Alison

LA SOLA IDEA DI TE
di Rosie Alison
BEAT
Edizione originale 
NERI POZZA
  
“La sola idea di te” è il primo romanzo di Rosie Alison. L’autrice ha insegnato letteratura inglese, ha lavorato per oltre dieci anni come regista di documentari d’arte per la televisione e attualmente lavora come film producer per la Heydan Films, la società di produzione della saga di Harry Potter.
Leggendo il libro vi renderete conto che ognuna di queste sue attività ha influenzato non poco la stesura del romanzo: dalle numerose citazioni letterarie all’esposizione delle opere d’arte fino alle descrizioni di Londra e del paesaggio dell’altopiano delle North Yorkshire Moors dove è ambientata la maggior parte della storia.

Il racconto ha inizio a Londra nel 1939. Anna Sands è una bimba di otto anni che si sta preparando, come migliaia di altri bambini, a lasciare la sua casa e la sua mamma per raggiungere un posto sicuro, lontano dalla minaccia dell’aviazione nazista. 
Anna affronta la separazione da sua madre Roberta, una giovane donna irlandese, in modo molto coraggioso, quasi elettrizzata all’idea di poter vivere anche lei un’avventura simile a quelle che ha letto tante volte nei suoi libri.

Il suo desiderio più grande sarebbe quello di essere inviata in una località di mare per poter correre libera su una spiaggia, ma non impiega molto ad accettare l’idea che la sua nuova casa sarà nella campagna dello Yorkshire.

La residenza degli Ashton dove la bimba viene accolta è una tenuta imponente costituita principalmente da una magnifica villa che custodisce tesori di immenso valore artistico e da uno splendido parco.
Anna rimane affascinata immediatamente da Elizabeth Ashton una donna bellissima, elegante e raffinata, ma ben presto inizia a temere i suoi continui sbalzi d’umore dei quali non riesce a comprendere le cause.
Sarà invece Thomas Ashton, il marito di Elizabeth, colui al quale Anna concederà incondizionatamente il suo cuore e la sua lealtà, il suo insegnante preferito del quale diventerà la custode dei segreti più intimi.
Lei, a sua volta, sarà per Ashton l’allieva prediletta, l’unica tra i più di ottanta bambini ospiti ad Ashton Park con la quale lui sentirà di avere un legame speciale.

Il signor Ashton è un uomo ricco, colto ed affascinante. Erede della tenuta di famiglia nonostante fosse il terzo in linea di successione, ha subito gravi lutti nel corso della sua vita: i due fratelli maggiori sono caduti nella grande guerra e sua sorella Claudia è morta nell’epidemia di influenza che aveva decimato la popolazione al termine del conflitto.
Thomas Ashton ha cercato la sua strada nel mondo della diplomazia dove ha dato prova di grandi capacità e dove ha stretto amicizia con i coniugi Norton che la stessa autrice tiene a precisare sono gli unici due personaggi realmente esistiti.

Elizabeth ha scelto Thomas tra tanti partiti disponibili quasi per un gesto di sfida nei confronti del mondo e ancor più per voler dimostrare a se stessa di essere in grado di conquistare quanto di meglio ci fosse sulla piazza, lo scapolo d’oro un uomo bello, ricco e di ottima famiglia.
Forse a modo suo avrà amato il marito per quanto era in grado di offrirle, ma quando questi resta invalido, costretto su una sedia a rotelle dopo essere stato colpito dalla poliomelite, il suo mondo crolla lasciandola con l’amarezza di aver fatto una scelta sbagliata che sarà costretta a pagare per tutta la vita.
Thomas Ashton da parte sua ha visto in Elizabeth un modo di fuggire ai lutti che avevano devastato la sua famiglia negli ultimi anni, lei così bella e fiera, sarebbe stata la persona giusta per aiutarlo a sopportare la pesante eredità che come unico sopravvissuto sentiva gravare sulle sue spalle.

L’amore che li legava non era però un sentimento così forte da poter superare l’invalidità di Thomas.

Elizabeth sempre più ossessionata dal desiderio di maternità che non può soddisfare a causa della sua sterilità nonostante ne incolpi il marito dinnanzi agli altri, inizia ad allontanarsi sempre più e con la tacita approvazione di Thomas inizia a frequentare altri uomini, avventure di un giorno, recandosi a Londra con la scusa del lavoro nella galleria d’arte.

Un giorno Pawel un fuggitivo artista polacco, viene assunto come insegnante di disegno per gli allievi di Ashton Park ed Elizabeth inizia una relazione con lui senza curarsi di rendere manifesta la sua infedeltà a tutti nonostante la presenza del marito.
Ma Pawel un po’ perché afflitto dai sensi di colpa nei confronti di Thomas che stima moltissimo, un po’ perché realmente desideroso di tornare a combattere per il suo paese, la abbandona senza preavviso lasciandola psicologicamente devastata.

Nel frattempo Ashton si innamora perdutamente, contraccambiato, di una giovane insegnante della scuola, la signorina Ruth Weir.
Ruth non ha nulla in comune con Elizabeth, non è quel tipo di donna che si può definire una bellezza, è piuttosto semplice e dimessa ma è una donna dolce, timida ed intelligente.
Le pagine in cui Thomas ed Ruth scoprono di amarsi ma prima di dichiararsi sono entrambi continuamente assaliti dai dubbi di non essere ricambiati dall'altro, sono le più belle e intense del libro.

Intorno ai protagonisti della storia ruotano poi una serie di altri personaggi come i Norton, Sir Cliff Norton e la moglie chiamata “Peter” per il suo modo intraprendente e fuori dal comune di affrontare la vita, restano sempre ai margini della narrazione.
C’è poi Roberta, la madre di Anna Sands, che si ritrova sola e ancora giovane, con un marito soldato inviato con l’esercito in Egitto e con l’unica figlia lontana da casa. Lei vuole disperatamente sentirsi viva e nonostante la guerra in corso o forse proprio perché a causa della guerra bisogna cogliere l’attimo, inzia una relazione con un orchestrale che lavora come lei alla BBC.

Per la moltitudine di storie che si intrecciano, per la grandiosità dei personaggi, per la descrizione della campagna, per la storia che abbraccia un arco di tempo lunghissimo dal 1939 sino ai giorni nostri, per la capacità di raccontare una malinconica storia d’amore e di passione che richiama altre epoche, “La sola idea di te” è un romanzo intenso e struggente che riesce a farci rivivere attraverso le sue pagine l’intensità delle saghe familiari e delle grandi storie d’amore della letteratura dell’Ottocento inglese e non solo.

Impossibile non richiamare alla mente personaggi quali Jane Eyre quando si legge di Ruth Weir o non pensare all’intensità dei sentimenti e a quelle esasperanti passioni così totalizzanti e contrastanti tipiche di romanzi come Cime Tempestose.

La storia ambientata nella splendida cornice della campagna inglese che Rosie Alison ci racconta è una storia densa di colpi di scena e di mistero, di passione e sentimento ed è a tutti gli effetti un viaggio nell’animo umano.

“La sola idea di te” è un romanzo indimenticabile e d’atmosfera che sa come catturare il lettore, un libro da leggere tutto d’un fiato, così appassionante e coinvolgente da consigliarne assolutamente la lettura.


martedì 24 giugno 2014

“La sposa silenziosa” di A.S.A. Harrison

LA SPOSA SILENZIOSA
di A.S.A. Harrison
LONGANESI

Il post di oggi è dedicato ad un libro che in pochi mesi ha scalato le classifiche dei libri più venduti negli Stati Uniti e in Europa.
Primo romanzo di A.S.A. Harrison, “La sposa silenziosa” rimarrà purtroppo anche la sua unica opera di narrativa, l’autrice infatti è prematuramente scomparsa a seguito di una malattia che non le ha lasciato scampo e le ha impedito di conoscere l’enorme successo conseguito dal suo romanzo che è stato venduto in 25 paesi.

Il libro alternando capitoli intitolati “Lui” e “Lei” ci racconta la storia del disfacimento di un rapporto di coppia affrontandolo dal punto di vista di entrambi i coniugi.

Jodi eTodd vivono insieme da più di vent’anni. All’inizio della loro storia Todd ha chiesto più volte a Jodi di sposarlo, ma lei non ha mai voluto affrontare il grande passo, non perché non amasse abbastanza il compagno ma semplicemente perché riteneva che il matrimonio non avrebbe aggiunto nulla al loro rapporto.
Jodi è sempre stata sicura dei suoi sentimenti per Todd così come di quelli di lui per lei e, influenzata negativamente dal matrimonio dei genitori di cui ha sempre serbato un pessimo ricordo, non ha mai voluto che il loro rapporto subisse la stessa sorte riducendosi ad un continuo alternarsi di lunghi silenzi e pesanti scontri.
Jodi nel corso degli anni si è impegnata a costruire per Todd un vero e proprio nido, prendendosi cura di lui e rendendo la sua vita ordinata e semplice.
Todd da parte sua, grazie alle sue ottime capacità in campo imprenditoriale, le ha regalato una vita agiata: una bella casa, vacanze in luoghi esotici, shopping nelle migliori boutique…
Non è necessario però scavare molto a fondo per scoprire fin dalle prime pagine del libro che l’unione tra Jodi e Todd non è l’idillio che sembra.
Jodi è bravissima a non vedere ciò che non vuole vedere come i continui tradimenti del compagno, avventure di uno o due notti, scappatelle senza alcun coinvolgimento sentimentale, sulle quali la donna sorvola convinta che basti non parlare di una cosa perchè questa non sia mai accaduta.
Il fragile castello di carte è però destinato a crollare miseramente.
Un giorno Todd, preda forse della classica crisi di mezz’età, si invaghisce della figlia di un suo vecchio compagno di scuola.
Natasha ha più di vent’anni meno di lui, è una ragazza piena di vita e quando rimane incinta, Todd intravede la possibilità di ricominciare tutto dall’inizio come se bastasse avere una giovane compagna, nuovi vestiti e un nuovo look per tornare anch’egli un ventenne pieno di sogni e di belle speranze.
Jodi improvvisamente è costretta a fare i conti con le sue scelte di vita e con la sua solitudine, lei che credeva di avere tutto sotto controllo, si ritrova senza alcun preavviso privata di tutto persino della possibilità divorziare visto che non ha mai voluto sposare Todd. Non solo ha perso il suo compagno ma con lui ha perduto anche la stabilità economica e la casa oltre alla sua dignità e alla fiducia in se stessa.

Quali atrocità può commettere una persona così profondamente ferita? Potrebbe arrivare a commettere un gesto estremo quale un omicidio?

Il ritratto di Todd è quello di un uomo che non è mai cresciuto, che ha bisogno di vivere delle relazioni extraconiugali per affermare la propria virilità. Un uomo che non ha il coraggio di prendere decisioni né di affrontare le conseguenze delle sue azioni. Tanto è scaltro e capace in ambito lavorativo, tanto è debole e vile in campo sentimentale ed affettivo.

Jodi da parte sua ha commesso l’errore di essere troppo sicura di sé e di aver alienato se stessa per vivere all’ombra del marito.
Ha rinunciato ad essere se stessa in funzione di un’altra persona anteponendo il bene dell’altro al proprio e ricadendo così, pur non avendo accettato l’istituzione del matrimonio, nello stesso errore della madre.

L’analisi fredda, distaccata e impersonale del racconto fa de “La sposa silenziosa” un romanzo carico di suspense.

Un romanzo capace di indagare i rapporti di coppia attraverso una perfetta analisi psicologica dei protagonisti, un romanzo che sulle prime sembra una vicenda troppo assurda per essere vera ma che mano a mano che ci si addentra nella storia ci si rende conto di quanto questa sia purtroppo reale.
Se ci guardiamo attorno non possiamo che constatare quanti rapporti di questo genere ci siano, quante persone pur di mantenere una sicurezza economica o uno certo status sociale o anche solo per la paura di rimanere sole accettino di vivere rapporti sbilanciati.

Da questo romanzo emerge poi un’altra grande verità ovvero la consapevolezza di quanto poco conosciamo noi stessi e quanto poco comprendiamo e possiamo affermare di conoscere chi ci sta vicino anche se si vive insieme a noi da una vita.

“La sposa silenziosa” per la sua glaciale descrizione e la sua fredda razionalità nell’analizzare situazioni e stati emotivi ricorda a tratti i thriller psicologici di un altro autore contemporaneo di cui vi ho spesso parlato, mi riferisco a Herman Koch autore di “La cena”, “Villetta con piscina” e “Odessa Star”.

Come nei romanzi di Koch anche ne “La sposa silenziosa” la suspense cresce pagina dopo pagina lasciandoci senza parole quando arriva il colpo di scena finale.
Sia nel romanzo della Harrison sia in quelli di Koch c’è la stessa lucida e fredda capacità di raccontare situazioni estreme e perverse senza che gli autori manifestino un loro coinvolgimento, dando l’impressione al lettore di non voler esprimere giudizi per non influenzarlo così che la narrazione assume il carattere di un cronaca spietata.

“La sposa silenziosa” è un romanzo che si presterebbe benissimo ad una trasposizione cinematografica e magari presto potremmo davvero vederlo sul grande schermo dal momento che sembra che Nicole Kidman abbia già comprato i diritti per farne un film.



lunedì 16 giugno 2014

“La piccola Fadette” di George Sand (1804 – 1876)

LA PICCOLA FADETTE
di George Sand
NERI POZZA
George Sand (pseudonimo di Amandine Aurore Lucile Dupin) fu scrittrice e drammaturga francese.
Considerata una tra le più prolifiche autrici della storia della letteratura, annovera tra i suoi scritti qualcosa come centotrenta romanzi.

Tra le sue opere più conosciute ed apprezzate troviamo quello che viene definito il ciclo dei romanzi “campestri” di cui fanno parte “La piccola Fadette”, “La palude del diavolo” e “François le Champi”.
                                
George Sand fu un personaggio tra i più affascinanti e spregiudicati della sua epoca e di frequente viene ricordata per i suoi celebri amori tra cui Alfred de Musset e Frederick Chopin solo per citarne alcuni.

Prese spesso parte al dibattito politico e nel 1848 partecipò attivamente all’esperienza della Seconda Repubblica scrivendo articoli e pamphlet.

Nel 1849, fuggita da Parigi in preda allo sconforto, si rifugiò nella sua villa di Nohant  e proprio qui, nel luogo della sua infanzia, scrisse “La piccola Fadette”.

“Le petite Fadette”, ambientato nella Francia rurale dell’Ottocento, è un romanzo la cui protagonista ha molto in comune con l’Aurore cresciuta nella tenuta di Nohant.
La scrittrice da ragazzina era un vero maschiaccio ed era anch’ella una grillina troppo intelligente e brillante per la gente del paese.

La storia raccontata in questo romanzo trae ispirazione dal poema “Les Jumeaux” di Jasmin, un poeta proletario che godeva della protezione della stessa George Sand.

“La piccola Fadette” narra la storia di due gemelli, Landry e Sylvinet Barbeau. Alla loro nascita la levatrice raccomanda ai genitori di fare in modo che i bambini non trascorrano troppo tempo insieme, non vengano mai vestiti nello stesso modo, non frequentino le stesse amicizie… tutto questo per evitare che crescendo si affezionino troppo l’uno all’altro, cosa che procurerebbe loro in età adulta gravi problemi psicologici e non solo.

I genitori però non seguono i consigli della vecchia levatrice e quando Landry e Sylvinet sono ormai dei ragazzini, i coniugi Barbeau si rendono conto del loro errore.
Per cercare di porre rimedio Landry, il più robusto e maturo dei gemelli, viene mandato a servizio nella vicina tenuta della Priche da compare Caillaud  mentre Sylvinet, il più debole ed incline alla malinconia, resta ad aiutare il padre nelle sue terre.

Landry, vuoi per il suo carattere più indipendente, vuoi perché obbligato a lavorare lontano dalla famiglia, ben presto fa nuove amicizie e si adatta alla sua nuova vita.

Tutto questo però non fa che alimentare la gelosia di Sylvinet nei confronti del fratello. Sylvinet infatti, sentendosi sempre più solo e trascurato, si ammala e deperisce giorno dopo giorno procurando gravi preoccupazioni ai familiari in ansia per il suo precario stato di salute.

In seguito, per una serie di strane coincidenze, Landry stringe amicizia con la piccola Fadette nonostante la famiglia della ragazzina sia piuttosto mal vista dalla famiglia Barbeau così come da tutto il paese.

Fadette, soprannominata la grillina, è una ragazzina insolente, sporca e malnutrita. Vive con la nonna insieme al fratellino Jeanet, un povero bimbo storpio e ritardato, detto la cavalletta.
Orfani di padre, i piccoli sono stati allevati dall’anziana donna dopo che la madre li ha abbandonati per seguire i soldati.

Fanchon Fadette in realtà non è una ragazzina cattiva, ma poiché viene evitata da tutti, costantemente derisa e spesso umiliata per le colpe della madre oltre che per la cattiva reputazione da fattucchiera della nonna, si diverte a vendicarsi degli altri facendo dispetti e comportandosi in modo irriguardoso nei confronti del prossimo.

Landry però avrà modo di conoscere le buone qualità della ragazza e di apprezzarne non solo la bellezza interiore ma anche quella esteriore.
Sarà proprio grazie al loro incontro che il brutto grillino si trasformerà in una splendida farfalla…

Lascio a voi scoprire come prosegue questa incantevole storia.

“La piccola Fadette” è una fiaba delicata e garbata, che ci parla di boschi abitati da folletti e di fuochi fatui che danzano sul fiume, ci racconta di un mondo ancestrale e patriarcale, un mondo rurale e incontaminato destinato a scomparire.

Il mondo di Fadette è un paese di contadini che crede ancora alle maledizioni, alle fattucchiere, ai sogni e alle premonizioni.

E’ una favola che ci porta indietro nel tempo in un mondo che non c’è più, è un libro pieno di sentimento che ci tiene sospesi nel suo alone fiabesco eppure ci fa temere il peggio per i protagonisti fino alle ultime pagine lasciandoci credere che il lieto fine non sia poi così scontato.

Un romanzo incantevole e magico che ci presenta un bucolico affresco di un mondo perduto e dimenticato.

Questo libro, terza uscita Neri Pozza per la collana ”Le grandi scrittrici” (altre uscite “Jane Eyre” di Charlotte Bronte e “La casa della gioia” di Edith Warthon) è un piccolo gioiello della letteratura assolutamente da leggere.



martedì 10 giugno 2014

“Lascia che sia felice” di Hannah Beckerman

LASCIA CHE SIA FELICE
di Hannah Beckerman
SPERLING & KUPFER
Max e Rachel sono giovani e innamorati, il loro è un matrimonio perfetto. Hanno una figlia di sei anni, una bambina straordinaria, intelligente, vivace e sensibile.

Purtroppo però il destino gioca loro un terribile scherzo: Rachel muore a soli 36 anni.
Il suo cuore, senza nessuna avvisaglia, decide di smettere di battere una sera all’uscita del ristorante dove la donna aveva appena cenato con Max per festeggiare la sua promozione.
Un problema cardiaco che nessun medico gli aveva mai diagnosticato, costringe Rachel ad abbandonare per sempre la sua adorata famiglia.

Il racconto inizia proprio dal primo anniversario della morte di Rachel ed è proprio lei, in prima persona a raccontare la storia.
La donna si trova completamente sola in un luogo indefinito fuori dal tempo e dallo spazio, circondata da un biancore surreale.
Senza preavviso le nebbie che la circondano si diradano e le nuvole bianche si aprono per concederle di osservare, spettatrice non vista, la vita dei suoi cari.
Non c’è una logica apparente nelle modalità e nelle tempistiche in cui le vengono concesse queste incursioni nel mondo terreno: può accadere più volte nella stessa giornata oppure possono passare anche dei mesi tra una visita e l’altra.

Rachel è costretta ad assistere alla lunga e dolorosa elaborazione del lutto delle persone a cui più era affezionata: suo marito, sua figlia, sua madre, i suoi suoceri, suo cognato e la sua migliore amica Harriet.
Ciascuno di loro affronta la morte di colei che è stata moglie, madre, figlia, nuora, cognata ed amica in modo diverso, talvolta entrando in aperto contrasto anche tra di loro.

E poi c’è lei, Eva, l’altra donna colei che si insinuerà nella famiglia che era una volta di Rachel, diventando la nuova compagna di Max e la matrigna di Ellie.

Eva, donna dal passato piuttosto tormentato, è una brava persona oltre ad essere bellissima, affascinante ed estremamente intelligente.
Per Rachel però non sarà facile accettare che un’altra donna prenda il suo posto, non sarà facile lasciare che chi tanto ama possa rifarsi una vita senza di lei e forse anche dimenticarla.

Ed è proprio sulla base di questa battaglia interiore affrontata da Rachel che il libro viene diviso in sette parti intitolate: choc, negazione, rabbia, contrattazione, depressione, sperimentazione e accettazione.
Attraverso questi sette stati emotivi, Rachel riuscirà a superare l’evento traumatico della propria morte sino a capire che, quando si ama davvero qualcuno, bisogna sapere accettare il fatto che questi possa essere felice anche senza di noi.

“Lascia che sia felice” è un romanzo molto strano, un libro che potrebbe prestarsi a diventare solo una sequenza di detti e frasi comuni del tipo “non tutti affrontiamo la morte allo stesso modo”, “ognuno di noi ha tempi diversi per elaborare il lutto”, “dopo quanto tempo è corretto pensare di rifarsi una vita?”, “il tempo guarisce tutte le ferite”…

In realtà, nonostante la storia sia effettivamente basata per certi versi proprio su quelli che possiamo chiamare “luoghi comuni”, il racconto non risulta mai banale.
L’autrice è riuscita a creare una rete di collegamento tra i vari personaggi davvero appropriata: così che per ognuno di essi siamo in grado di capire le motivazioni, le paure, le ansie, gli stati emotivi che attraversano per cercare di ritornare ad una vita “normale” dopo la tragedia che li ha colpiti.

La madre di Rachel ed Harriet, per esempio, hanno giustamente paura di essere tagliate fuori dalla vita di Ellie perché il loro unico legame con il padre della bambina era Rachel; Max invece è continuamente schiacciato dai sensi di colpa nei confronti di Eva perché, pur essendo innamorato di lei non riesce a dimenticare la moglie, ma nello stesso tempo perché crede di fare torto alla memoria di Rachel provando dei sentimenti per un’altra donna….e via così per ogni personaggio del libro.

Non stupisce che l’autrice abbia lavorato come produttrice per il cinema e la televisione perché le descrizioni delle scene così come dei vari personaggi sono talmente fluide e naturali che spesso si ha come l’impressione di vedere scorrere delle immagini su uno schermo più che leggere un libro.

“Lascia che sia felice” è un romanzo commovente e malinconico, una bella storia che non dimenticherete facilmente.

Qualcosa di questo romanzo resterà con voi per sempre perché avrete fatto vostro il pensiero che, poiché non c’è nessuna certezza del domani, solo l’oggi conta davvero e ogni giorno deve essere sempre vissuto pienamente come se fosse l’ultimo.

Capirete che non importa quanto successo avrete avuto nella vita perché carriera, denaro, potere non avranno alcun valore; ciò che davvero sarà importante sarà quello che avrete condiviso con le altre persone, perché saranno le piccole cose di tutti i giorni quelle che manterranno vivo il ricordo di voi in coloro che vi sopravviveranno.




lunedì 2 giugno 2014

“Come un incantesimo” di Carla Sanguineti

COME UN INCANTESIMO
di Carla Sanguineti
KAPPA VU
“Come un incantesimo” riporta il sottotitolo “Mary e Percy Shelley nel Golfo dei Poeti”, sottotitolo non proprio fedele perché, se è vero che ampio spazio è dato al periodo del soggiorno della coppia a San Terenzo, è pur vero anche che il libro abbraccia un arco di tempo molto più ampio che va dall’incontro di Mary e Percy fino alla tragica morte del poeta in mare con qualche accenno all’infanzia di Mary Shelley e alla vita turbolenta della madre di lei.

Che tipo di libro è “Come un incantesimo”? E’ un saggio o un romanzo? A tal proposito riporto le parole stesse della sua autrice:

Di qui il carattere ibrido di questo libro biografico, non saggio, anche se abbonda di riferimenti a testi, lettere, diari con titoli e date, e non romanzo, perché lo stile di narrazione che più vi si avvicina è limitata a poche pagine soltanto.

Ciò che ho apprezzato in particolare modo oltre ovviamente all’essere un testo ricco di citazioni e che riporta frammenti di poesie, stralci di corrispondenza, pagine di diari e quant’altro dei protagonisti, è il fatto che Carla Sanguineti abbia messo in primo piano la figura di Mary Wollstonecraft Godwin.

Carla Sanguineti, già autrice di diversi scritti su Mary, è alla guida dell’Associazione amiche e amici di Mary Shelley, associazione nata nel 1997 per far conoscere questa figura quasi dimenticata.

Mary Shelley fu una figura letteraria di grande spessore ma, troppo spesso oscurata dalla grandezza del celebre marito P.B. Shelley, viene ricordata quasi esclusivamente come autrice della sua opera più famosa “Frankenstein”.

Perché questo? Senza dubbio perché era una donna che viveva in un’epoca in cui il gentil sesso subiva forti discriminazioni ma soprattutto perché aveva scelto di vivere in un modo anticonvenzionale all’interno di una società conformista e bigotta.

Mary Shelley era figlia di Mary Wollnestoncraft, morta per le complicazioni del parto, la Wollnestoncraft era una donna dalla vita avventurosa che ebbe diverse relazioni burrascose sino al matrimonio con il padre di Mary, il filosofo William Godwin anch’egli personaggio molto singolare e dalle idee rivoluzionarie.
Con tali genitori la strada di Mary Shelley sembrava quindi già segnata.

Mary viveva nel ricordo della madre, leggeva e studiava i suoi scritti e nel contempo presenziava agli incontri con artisti, letterati, poeti, filosofi e scienziati che si riunivano nella casa del padre.

Non stupisce quindi che a soli 16 anni Mary decida di seguire il suo cuore e scelga di fuggire in Europa con l’allora ventunenne Percy Bysshe Shelley, poeta affascinante e di belle speranze che incarnava quegli ideali di cui tante volte aveva sentito parlare e discutere nella casa paterna. 

Shelley era all’epoca ancora sposato con Harriet Westbrook dalla quale ebbe due figli, ma quando questa si uccise, egli fu libero di sposare in seconde nozze l’amata Mary.

Shelley era un sostenitore del libero amore, nulla di strano quindi nel fatto che egli fosse sempre costantemente innamorato e che ebbe diverse relazioni con altre donne, tra cui la sorellastra di Mary stessa ovvero Claire Clairmont.
Claire a sua volta ebbe una breve storia con Lord Byron dalla quale nacque una figlia che morì in giovane età.

La storia degli Shelley e dei loro amici, tra i nomi più illustri ricordiamo Lord Byron e Polidori, personaggi con cui condivisero l’esilio forzato, allontanati dall’Inghilterra per la loro vita dissoluta, affascina il lettore moderno almeno quanto all’epoca aveva scandalizzato i loro contemporanei.

Non è facile oggi riuscire a comprendere quel loro mondo così esclusivo e profetico, quel senso di ineluttabilità e di sventura che così fortemente essi avvertivano gravare sulle loro giovani vite. Essi vivevano ogni istante come fosse l’ultimo, sfidando la morte e temendola allo stesso tempo. 

Carla Sanguineti in questo volume cerca di indagare e di spiegare la ragione di certi di comportamenti, di scoprire il perché di certe scelte di vita e lo fa analizzando e confrontando quanto di essi ci è rimasto: opere, diari, lettere…

“Come un incantesimo” ha un taglio indubbiamente diverso da quello dei soliti saggi su Mary e Percy Shelley, un taglio interessante ed avvincente che mette in evidenza la grande passione ed il grande fascino che queste figure letterarie hanno esercitato anche sull’autrice del libro.




mercoledì 28 maggio 2014

“Le luci bianche di Parigi” di Theresa Révay

LE LUCI BIANCHE DI PARIGI
di Theresa Révay
BEAT

Non sarà facile parlarvi di questo romanzo perché, come sempre accade quando ci si imbatte in un libro che ci coinvolge e ci appassiona molto, si ha sempre l’impressione che qualunque cosa si scriva non si sarà mai in grado di rendergli giustizia mettendo sulla carta le emozioni che abbiamo provato leggendolo.

“Le luci bianche d Parigi” è uno di quei romanzi che inizia lentamente per poi accelerare improvvisamente senza permettere al lettore di rendersi conto di come sia potuto accadere che egli sia stato completamente assorbito dall’intreccio della storia. Accade e basta e da quel momento inizia l’eterno conflitto tra il desiderio di arrivare all’ultima pagina per conoscere il finale e l’ansia di scoprirlo perchè allora tutto finirà e dovrà abbandonare quei personaggi ai quali è ormai affezionato.

Un accenno alla trama. La contessina Ksenija Fedorovna Osolin è impegnata nei preparativi della festa che si terrà per il suo compleanno.
Figlia del Generale Fedor Sergeevic e di Nina Petrovna Osolin, la contessina è una ragazzina bionda con gli occhi grigi nella quale già si scorge la meravigliosa donna che diventerà un giorno. E’ fiera, orgogliosa e spesso intransigente.

Siamo nel febbraio del 1919 in piena guerra civile russa, il padre di Ksenija verrà assassinato nella sua stessa casa dai bolscevichi e lei sarà costretta a fuggire con quello che rimane dei membri della sua famiglia.

Durante il lungo viaggio che la condurrà a Parigi perderà anche la madre e, ritrovandosi sola in un paese straniero lontano dalla sua amata San Pietroburgo, dovrà fare da madre e da padre alla sorella minore Masa e al fratellino di pochi mesi Kirill.
Unico conforto nell’esilio è Njanocka che da anni si prende cura della sua famiglia, una vecchia contadina russa, una donna del popolo devota alla memoria della contessa Nina Petrovna Osolin e ai suoi figli.
A Parigi Ksenija lavorerà come ricamatrice per pochi soldi che le basteranno solo a sbarcare il lunario e a pagare l’affitto di una piccola, umida e maleodorante mansarda.
Ma con quei quattro soldi Ksenija riuscirà a fare studiare Masa e Kirill e un giorno, per un colpo di fortuna ma sopratutto grazie alla sua avvenenza, troverà lavoro come modella in una prestigiosa casa di moda diventandone ben presto la modella di punta.

Nel frattempo a Berlino il barone Max von Passau dedica la sua vita all’arte della fotografia, arte che inizia ad affermarsi in quanto tale proprio dai primi del XX secolo.
I due si incontreranno per caso una sera in un locale di Montparnasse mentre Ksenija è alla ricerca della sorella scappata di casa dopo un pesante litigio. Il loro è un incontro casuale che cambierà per sempre le loro vite.

Capita che la vita un giorno ti porti all’incrocio di ogni possibilità. Ksenija era fatalista. Pensava che la Provvidenza lasciasse liberi di fare delle scelte, ma conducendo ineluttabilmente ciascuno verso il proprio destino.

Quello tra Ksenija e Max sarà un amore sofferto fatto di passione e amore ma carico di contraddizioni, un amore fatto di frasi non dette e di segreti, una storia dove l’orgoglio giocherà brutti scherzi.

“Le luci bianche di Parigi” è il racconto di un amore burrascoso ed intenso, pieno di paure di risentimento e rimpianti, un amore fatto di partenze e ritorni.

Theresa Révay ci regala una galleria di personaggi perfettamente riusciti
Non solo i protagonisti ma tutti i personaggi che interagiscono con loro sono tutti, nessuno escluso, magistralmente descritti e delineati, c’è un’attenzione particolare alla psicologia di ognuno di loro che li fa sembrare veri e reali.

Quello che colpisce poi è come in questo romanzo tutti i personaggi siano stati inseriti con grande abilità da parte dell’autrice all’interno di un potente affresco storico descritto in modo eccellente.

Difficile trovare un libro dove storia romanzata e storia reale si intreccino e si fondano in maniera così perfetta e si leghino a tal punto da diventare una cosa sola.

Dopo le prime pagine piuttosto lente, il dinamismo del racconto prende il sopravvento e gli avvenimenti storici incalzano il lettore trasportandolo nel vivo della storia con la descrizione delle difficoltà del popolo russo in esilio forzato, dell’ascesa di Hitler in Germania e della situazione che diventa giorno dopo giorno sempre più drammatica per la popolazione di origine ebraica.

“Le luci bianche di Parigi” (titolo originale dell’opera “La louve blanche”) è un libro assolutamente da leggere, un romanzo intenso e che fa riflettere, affascinante e sorprendente.




mercoledì 14 maggio 2014

“Storia d’inverno” di Mark Helprin

STORIA D’INVERNO
di Mark Helprin
NERI POZZA
Vi anticipo subito che sono stata a lungo indecisa sull’affrontare o meno la lettura di questo romanzo e, lo ammetto, la mia incertezza nasceva in buona misura dall’impegno che avrei dovuto affrontare vista la mole di un libro di ben 844 pagine.

Poi la mia curiosità è stata ulteriormente solleticata dal trailer del film tratto dal romanzo uscito al cinema nel mese di febbraio e del cui cast fanno parte attori quali Colin Farrell e Russell Crowe.

Non ho ancora visto il film, ma dopo aver letto il libro, posso fare due considerazioni: la prima è che il romanzo è talmente complesso che dubito fortemente che la trasposizione cinematografica possa esserne all’altezza e la seconda è che l’idea che mi ero fatta del racconto era completamente errata.

La New York di fine Ottocento è una città in mano alla criminalità e le varie bande si scontrano per le strade per ottenerne il controllo.
Peter Lake è un ladro che lavora in proprio dopo un periodo di appartenenza alla banda dei Coda Corta, i temibili sgherri comandati dal perfido e crudele Pearly Soames.
Proprio da questi viene continuamente braccato ma grazie ad un fedele alleato, un bellissimo stallone bianco in grado di saltare interi isolati, Peter Lake riesce sempre a sfuggire ai suoi agguerriti inseguitori.
Un giorno il ragazzo si trova casualmente davanti alla lussuosa dimora dei Penn e introducendosi nell’abitazione per rubare, conosce Beverly Penn una ragazza bellissima prossima alla morte. Sarà di questa donna “insistente, egoista e delirante” che il giovane si innamorerà perdutamente permettendole di sconvolgergli l’esistenza…

Questo è solo l’inizio del racconto, da qui poi prendono il via molteplici storie che si sovrappongono e si incrociano all’infinito.
L’azione si svolge in un arco di tempo lunghissimo che va dalla fine dell’Ottocento fino all’avvento del nuovo millennio.
I personaggi sono tantissimi ed alcuni di loro riescono a viaggiare nel tempo incrociando le loro vite passate con quelle di altri nuovi personaggi che vivono alla fine del secolo successivo.
Apparentemente il racconto si svolge secondo una cronologia classica ma in realtà la storia è una storia fuori dal tempo, dove ogni cosa ci riporta ad un mondo fantastico, popolato da strani personaggi che vivono ai confini della realtà.

Il racconto all’inizio ha qualcosa del romanzo dickensiano: la descrizione degli uomini della baia in contrapposizione a quella dei newyorchesi, laddove la baia è un mondo fantastico e pieno di umanità in cui la vita scorre lenta seguendo il ritmo delle stagioni mentre la città è invece il luogo della violenza e delle latta per potere e ricchezza.
Tale contrapposizione non può non richiamare alla mente il confronto tra la città e la campagna così marcato negli scritti dell’autore vittoriano.

Difficile definire questo romanzo che sin dalle primissime pagine appare un racconto surreale e fantastico.
“Storia d’inverno” però non può essere incasellato, questo libro appartiene ad un genere tutto suo che non può essere definito né fantasy né tanto meno fantascienza.

Molto descrittivo e molto ben scritto il romanzo avverte fortemente l’influenza dell’aspettativa, dell’ansia e della tensione proprie della fine del millennio.
Molte pagine ricordano quell’atmosfera di ritorno alla new age che si era impossessata di molti negli ultimi anni del Novecento ed il racconto a tratti ricorda quella letteratura di fine secolo a cui appartengono libri come “La profezia di Celestino” e “La decima illuminazione” di James Redfield.

“Storia d’inverno” è uscito nella sua prima edizione nel 1983 (titolo originale dell’opera “Winter’s Tale”) e anche se ormai sembra molto distante nel tempo, se ci soffermiamo un attimo a pensare non è poi tanto difficile ricordare l’aria che si respirava nell’attesa dell’anno 2000 così carica di aspettative e speranze ma anche di tensione e paura.

Non posso dire che sia un libro veloce e scorrevole, a volte è appesantito dalle descrizioni talvolta anche un po’ lunghe e minuziose ma sempre bellissime e toccanti.
Spesso si è tentati di tornare a rileggere alcune frasi per imprimerle nella mente o anche solo per comprenderle meglio.

“Storia d’inverno” è un libro che costringe il lettore a leggerlo fino alla fine, riesce sempre ad incuriosirlo e a tenere alta la tensione.

Il libro di Mark Helprin ha la forza di trascinarci in un mondo diverso e ovattato, riesce a farci sognare e vorremmo anche noi un giorno poter pattinare sul lago ghiacciato, correre sulla slitta verso i paesaggi dei Coheeries, conoscere i suoi abitanti e perché no? magari un giorno anche attraversare il muro di nuvole cavalcando Athansor.