domenica 20 aprile 2014

“I sotterranei di Londra” di Peter Ackroyd

I SOTTERRANEI DI LONDRA
di Peter Ackroyd
NERI POZZA
Dopo aver affascinato i suoi lettori con la monumentale biografia sulla capitale inglese intitolata “Londra. Una biografia”, Peter Ackroyd torna con un nuovo libro dedicato alla stessa città, un breve ed intrigante racconto di appena 140 pagine che non mancherà di sedurvi ancora una volta.

E' davvero una nuova ed inconsueta prospettiva quella della Londra sotterranea che Ackroyd ci offre ne “I sotterranei di Londra”.
Molti, infatti, ignorano che sotto la Londra che tutti noi conosciamo esiste un’altra città avvolta nell’oscurità dove la temperatura è mite anche durante l’inverno.
Una Londra popolata da strane creature e da fantasmi ma non solo, sotto le strade che ogni giorno milioni di persone percorrono in superficie vivono moltitudini di comunissimi topi e blatte capaci anch’essi di scatenare le più fantasiose credenze popolari.

Il sottosuolo della capitale inglese è un intrico di vie e cunicoli, di passaggi segreti e gallerie.
I suoi sotterranei sono caotici e disordinati, un vero e proprio labirinto che attira e respinge allo stesso tempo.
Essi ricordano all’uomo gli inferi e l’oltretomba ma contemporaneamente gli suggeriscono anche una sensazione di protezione e di ritorno al grembo materno. Non dimentichiamo che proprio il sottosuolo è sempre stato legato sin dall’antichità al culto delle divinità ctonie, divinità generalmente di sesso femminile.

Ackroyd ricorda, per chi non ne fosse a conoscenza, che le fondamenta di Londra poggiano su uno strato argilloso e per questo motivo la città viene risucchiata verso il basso sprofondando nel terreno.
Interessante sapere che il livello della falda freatica continua a salire tanto che ogni giorno devono essere pompati quasi settanta milioni di litri per salvare la città.

La storia di Londra è anche la storia dei suoi corsi d’acqua. Sono ben tredici i fiumi della capitale britannica e anche se molti di essi oggi non sono più visibili, ormai completamente coperti, continuano a scorrere lungo le tubature e le fognature.
Ci fu un tempo però in cui essi scorrevano liberamente tra i campi laddove la realtà urbana si dissolveva in quella rurale.
Uno tra i fiumi più conosciuti e a cui Ackroyd dedica un intero capitolo è il vecchio Fleet “il più potente dei fiumi scomparsiil cui nome riecheggia spesso nelle pagine della letteratura inglese.

Affascinante è il racconto della metropolitana di Londra, della sua costruzione e del suo sviluppo fino ai nostri giorni, le stazioni, le linee e la storia del disegno della sua pianta ancora oggi uno dei simboli principali, insieme al suo logo, della città.

Quante cose diamo per scontate senza renderci conto di quanto siano costate in termini di ingegno e fatica e quale prezzo sia stato pagato in vite umane per costruire tutto ciò che oggi sembra così normale ai nostri occhi.
Quanti di noi si sono mai soffermati a pensare che la London Underground è così antica da poter annoverare tra i suoi utenti personaggi quali Dickens e persino, perchè no, Jack lo squartatore?

“I sotterranei di Londra” è una scoperta continua; un libro che, tra le numerose citazioni bibliche e classiche, ci svela mille curiosità.
Un’avventura affascinante che tutti possiamo fare stando comodamente seduti in poltrona ma quanta voglia di andare a vedere di persona questi luoghi, forse a volte anche un po’ macabri, però così suggestivi ed eccitanti. 



giovedì 17 aprile 2014

Sonetto LXXV di William Shakespeare


Accetto con piacere la sfida di Ludo a pubblicare una poesia sul mio blog. 
Da troppo tempo non ne pubblico una e quale occasione migliore di questa?

Inutile dire che sono stata a lungo indecisa sulla scelta da fare.
Sono così tanti i canti, i versi, le rime, le odi… che avrei piacere di proporvi, ma nonostante il rischio di apparire banale ho deciso che la mia scelta ricadrà su William Shakespeare.

Qualche giorno fa a teatro ho ascoltato la lettura di questo bellissimo sonetto e voglio considerarlo un segno del destino…
Ecco a voi il sonetto n. 75 “Tu sei per la mia mente come il cibo per la vita”


Tu sei per la mia mente, come il cibo per la vita.
Come le piogge di primavera, sono per la terra.
E per goderti in pace, combatto la stessa guerra
che conduce un avaro, per accumular ricchezza.
Prima, orgoglioso di possedere e, subito dopo,
roso dal dubbio, che il tempo gli scippi il tesoro.
Prima, voglioso di restare solo con te
poi, orgoglioso che il mondo veda il mio piacere.
Talvolta, sazio di banchettare del tuo sguardo,
subito dopo, affamato di una tua occhiata.
Non possiedo, né perseguo alcun piacere,
se non ciò che ho da te, o da te io posso avere.
Così ogni giorno, soffro di fame e sazietà,
di tutto ghiotto e d’ogni cosa privo.




So are you to my thoughts as food to life,
Or as sweet-season'd showers are to the ground;
And for the peace of you I hold such strife
As 'twixt a miser and his wealth is found.
Now proud as an enjoyer, and anon
Doubting the filching age will steal his treasure;
Now counting best to be with you alone,
Then better'd that the world may see my pleasure:
Sometime all full with feasting on your sight,
And by and by clean starved for a look;
Possessing or pursuing no delight
Save what is had, or must from you be took.
Thus do I pine and surfeit day by day,
Or gluttoning on all, or all away.



Con la speranza di riuscire presto a scrivere un post interamente dedicato ai sonetti del “Grande Bardo”, passo ad annunciarvi i blog a cui ho deciso di lanciare la sfida:

Piume di Carta     http://piumedicarta.blogspot.it/
Decorantic Art      http://decoranticart.blogspot.it/

Chi raccoglie la sfida dovrà nominare altri blog per un numero massimo di cinque.


ne approfitto per augurare a tutti....Buona Pasqua!!!


sabato 5 aprile 2014

“Il crociato infedele” di Davide Mosca

IL CROCIATO INFEDELE
di Davide Mosca
RIZZOLI
Il giorno prima della chiusura del concilio di Clermont, Papa Urbano II lancia un appello ai Cristiani d’Occidente invitandoli a liberare la Terrasanta rispondendo così alla richiesta d’aiuto avanzata da Alessandro I Comneno, imperatore bizantino minacciato dai Turchi Selgiuchidi.
Il giorno 27 novembre 1095 viene quindi indetta la Prima Crociata.

I primi ad accogliere l’appello del papa furono una massa di avventurieri e popolani, una moltitudine composta di ogni sorta di delinquenti, nobili decaduti e servi della gleba guidati dal francese Pietro d’Amiens, detto Pietro l’Eremita, un monaco fanatico; questa prima spedizione viene spesso ricordata come la “crociata dei pezzenti”.

I crociati però si riunirono nell’agosto dell’anno 1096, a questa prima spedizione ufficiale presero parte diversi eserciti ognuno capeggiato da un suo proprio signore. I partecipanti erano dei nobili desiderosi di conquistarsi terre e fama oppure semplicemente desiderosi di servire Dio. Molti di loro erano figli cadetti o piccoli feudatari spesso in aperto contrasto gli uni con gli altri.
Tra i nomi più noti: Goffredo di Buglione, Raimondo di Saint Gilles, Roberto di Normandia, Boemondo e Tancredi di Taranto, tutti personaggi che incontreremo nel libro di Davide Mosca.

Non è mia intenzione annoiarvi ulteriormente raccontandovi la storia di battaglie, di assedi e conquiste che ebbero luogo negli anni successivi, per cui facciamo un salto nel tempo ed arriviamo al giugno del 1099 quando l’esercito dei crociati, ormai ridotto a soli 20.000 uomini, pone l’assedio alla città di Gerusalemme da poco riconquistata dai Fatimidi ai danni dei Selgiuchidi.
E’ proprio nell’assedio di Gerusalemme e nella conquista della città santa che i due protagonisti del libro di Davide Mosca reciteranno il loro ruolo fondamentale.

Nel 1099 una delegazione di crociati giunge a Genova per sollecitare soccorsi per coloro che stavano combattendo in Terrasanta.
A Genova in quel periodo imperversano lotte intestine tra le varie famiglie per ottenere il governo della città e nessuno è intenzionato a lasciare il paese rischiando così di perdere ogni possibilità di raggiungere il potere.
In questo periodo di lotte sanguinose, complotti e segreti solo due giovani sono così lungimiranti da capire che Genova può essere conquistata solo attraverso la conquista di Gerusalemme.

Genova sarà fondata su una spiaggia di Giaffa, in Terrasanta.

I due ventenni si chiamavano Caffaro di Rustico da Caschifellone e Guglielmo Embriaco Testadimaglio, figlio cadetto di una potente famiglia vescovile anch’essa in lizza per assicurarsi il controllo di Genova.
Amici fin dall’infanzia l’astuto e spensierato Caffaro, abile mercante, dotato di ottime qualità diplomatiche è il compagno perfetto per il forte e fiero Gugliemo Embriaco, condottiero indomito, sempre pronto a lanciarsi in prima persona là dove il pericolo è maggiore.
Quando Guglielmo decide di inseguire il suo sogno ovvero liberare la Terrasanta e con essa i mari che la dividono dall’amata Genova, per far sì che la sua città possa diventare grande, regina dei mari e dei traffici commerciali, Caffaro non può che unirsi a lui.
Vendono la loro parte di eredità, armano due galee e partono incontro al loro destino. Una volta, giunti a destinazione però si renderanno conto che le cose non sono così facili come avevano immaginato. L’impresa sembra disperata, ma i due non si daranno per vinti e sfruttando le loro qualità di abili diplomatici, guerrieri e mercanti riporteranno una grande vittoria che cambierà la storia.

“Il crociato infedele” è un romanzo scorrevole che si legge tutto d’un fiato. Il ritmo del racconto è dinamico e serrato pur lasciando ampio spazio a delle bellissime descrizioni della città di Genova all’inizio del racconto e dei paesaggi mediorientali nel corso della storia.

I personaggi sono descritti in modo vivace e spesso sono inserite battute per meglio descriverne le caratteristiche.

Buona la ricostruzione storica nella quale sono sapientemente inseriti frammenti romanzati.

Guglielmo, il valoroso condottiero testardo e senza paura dallo spirito combattivo e focoso che gli è valso il soprannome di Caput Mallei è senza dubbio un personaggio molto attraente ma Caffaro, io narrante della storia, è colui che riesce ad affascinare maggiormente il lettore con la sua ironia, la sua scaltrezza e quel suo sapersi destreggiare in ogni situazione. 

Genova è ovunque ci sia un genovese. Le nostre mura non contengono la città, la indicano soltanto.

E’ con un sentimento misto di orgoglio per la mia città e di riconoscenza per coloro che l’hanno resa grande nella storia che ho letto il libro di Davide Mosca.
Colgo l’occasione quindi per ringraziare l’autore per avermi ricordato ancora una volta, se mai ce ne fosse stato bisogno, di quali e di quanto grandi uomini Genova sia stata la patria.

Genova con il suo vessillo, la croce di San Giorgio, per secoli ha protetto i mari, i suoi mercanti hanno percorso le rotte da Occidente ad Oriente e ritorno. Genova ha dato i natali a personaggi quali Caffaro di Rustico da Caschifellone e Guglielmo Embriaco Testadimaglio, Andrea Doria, Cristoforo Colombo solo per citarne alcuni.
Nel corso dei secoli personaggi come Byron, Dickens, Chopin hanno soggiornato a Genova e pittori come Rubens, Van Dyck, Pieter Mulier vi hanno lavorato.

O tempora, o mores! Cos’è Genova oggi? Genova è ancora una città ricca di cultura e di opere d’arte. Genova è una città di mare, una città unica nel suo genere che tanto avrebbe da offrire ai turisti eppure sembra che lo spirito dei genovesi si sia addormentato sotto lo strato di polvere depositato nel corso dei secoli.
Non si tratta di modernizzarsi o costruire chissà quali opere, Genova è già bellissima così com’è. 
Ci vorrebbe così poco per tornare grandi, basterebbe smettere di continuare a nascondersi e trovare la volontà ma soprattutto il coraggio di aprirsi di nuovo al mondo.
E perché per esempio non iniziare cercando di migliorare i collegamenti ferroviari ed aerei? Genova oggi sembra proprio irraggiungibile come la Gerusalemme di Guglielmo e Caffaro!
                                                                                                      


sabato 29 marzo 2014

“Storia di una ladra di libri” di Markus Zusak

STORIA DI UNA LADRA DI LIBRI
di Markus Zusak
FRASSINELLI
Vi svelo subito una curiosità sul titolo di questo libro. Non tutti sono a conoscenza del fatto che questo romanzo, il cui titolo originale è “The Book Thief”, in realtà era già stato pubblicato nel 2007 da Frassinelli con il titolo “La bambina che salvava i libri”.
A febbraio del 2014, in occasione dell’imminente uscita del film tratto dal romanzo, la casa editrice ha deciso di ristampare il libro proprio con il titolo del film ovvero “Storia di una ladra di libri”, titolo tra l’altro molto più vicino all’originale.

Il romanzo è ambientato a Molching, un paese vicino a Monaco. La vicenda si svolge tra il 1939 e il 1943. Siamo nella Germania nazista, è l’epoca dell’antisemitismo, delle persecuzioni e dei campi di concentramento, l’epoca della seconda guerra mondiale, della paura dei bombardamenti e dei deliri di onnipotenza del Fuhrer.

Io narrante della storia è la Morte in persona, che sin dalle prime pagine presentandosi al lettore lo invita a fidarsi perché lei sa essere allegra, amabile persino affettuosa, può avere un sacco di qualità, anche se non potrà mai essere bella.
La Morte è sempre attiva, sempre in movimento, il suo lavoro non conosce pause, a lei nessuna vacanza è concessa.
Per questo motivo, per distrarsi, osserva i colori e a volte cerca delle belle storie da raccontare, storie che possano dimostra che l’esistenza degli uomini vale la pena di essere vissuta.
La storia di Liesel Meminger, la ladra di libri, è proprio una di queste.

Liesel ha appena nove anni quando la madre, per motivi politici e problemi economici, è costretta a darla in affidamento. La bambina viene affidata ad una coppia di Molching, i coniugi Hubermann.
Liesel stringe quasi immediatamente un forte legale con il padre adottivo. Hans Hubermann è una persona di grande valore. Nonostante all’apparenza sembri un uomo insignificante, Hans è invece un uomo dotato di grande umanità e sensibilità.
La moglie Rosa, apparentemente burbera e volgare, in un primo momento sembra non riuscire ad entrare in sintonia con Liesel, ma ben presto anche lei non potrà fare a meno di affezionarsi alla piccola.
Rosa Hubermann è in verità una buona madre e una brava donna che non esita un secondo a dare tutto il suo sostegno al marito in ogni occasione persino quando questi deciderà di nascondere l’ebreo Max Vandenburg nella loro cantina mettendo in pericolo tutta la famiglia. Rosa è una donna in gamba che sa dare il meglio di sé nei momenti critici.
Liesel non sa leggere e per questo motivo viene presa in giro dai compagni di scuola, da tutti tranne che dal suo più caro amico Rudy Steiner, il suo vicino di casa.
Ma Liesel ama i libri e le parole scritte più di ogni altra cosa e così, grazie all’aiuto del padre, esercitandosi giorno dopo giorno non solo impara a leggere ma diventa un’eccellente lettrice.

La storia di Liesel è scandita dai suoi libri. Ogni libro rubato dalla ladra di libri ha una sua storia ed è legato ad un particolare ricordo della sua giovane vita.
Tutto ha inizio al cimitero quando viene sepolto il fratellino di Liesel e lei raccoglie da terra, nella neve, il suo primo volume: “Il manuale del necroforo”.
Ebbene quel libro ha per la bimba due importanti significati, che nulla hanno a che vedere ovviamente con il testo. Quel libro porta con sé il ricordo dell’ultima volta in cui la piccola ha visto due persone a lei molto care: il fratello e la madre.
Da quel momento Liesel metterà insieme una sua piccolissima biblioteca fino al giorno in cui sarà in grado di scrivere lei stessa un suo libro, il diario a cui affidare i suoi ricordi e la storia delle persone a lei vicine.

“Storia di una ladra di libri” è un romanzo toccante e coinvolgente. Un romanzo che commuove il lettore fin dalla prima pagina.
I personaggi sono talmente veri che il lettore non può fare a meno di appassionarsi alle loro storie, di piangere e gioire con loro.
Ci sono pagine terribilmente crude come la descrizione della sfilata degli ebrei condotti al campo di concentramento di Dachau e altre, che pur nella loro tristezza, raggiungono i più alti livelli di poesia.
Impossibile non soffermarsi a rileggere passi come gli auguri di Natale di Max Vandenburg a Liesel:

“A volte vorrei che tutto questo finisse, ma poi tu scendi in cantina con un pupazzo di neve tra le mani”.

Il mondo di “Storia di una ladra di libri” è un mondo dove bene e male, giusto e sbagliato non hanno confini netti, un mondo dove ogni giorno si combatte una battaglia per capire se sia meglio fare il proprio dovere di tedeschi o seguire la propria coscienza.
Un mondo dove le parole possono salvare una vita, dare conforto o al contrario se, usate in modo sbagliato, portare la morte.
Il romanzo di Markus Zusak è un romanzo che parla al cuore delle persone, è un romanzo che parla di odio e paura, di amore e amicizia, di lealtà e riconoscenza.

Ho fatto una corsa contro il tempo per riuscire a finire il libro prima dell’uscita del film nelle sale italiane, ma dopo aver letto il romanzo non sono più così entusiasta di andare al cinema nonostante il film vanti interpreti di eccellenza del calibro del premio Oscar Geoffrey Rush e di Emily Watson.
Il libro è talmente perfetto nella scelta delle parole, così originale con le sue storie nella storia e con le sue illustrazioni che credo sia legittimo avere il dubbio che il film possa in qualche modo danneggiare quelle emozioni e quelle sensazioni che la lettura ha saputo regalare al lettore.




lunedì 17 marzo 2014

“Odessa Star” di Herman Koch

ODESSA STAR
di Herman Koch
NERI POZZA
Fred Moorman ha 47 anni, una moglie e un figlio, un lavoro comune e una casa in un quartiere tranquillo e dignitoso, viaggia in utilitaria e frequenta gente banale.

Un giorno incontra al cinema un vecchio compagno di scuola, un tipo che fin dall’epoca si distingueva per essere un personaggio poco raccomandabile.

Max G. ha una bellissima moglie, possiede una Mercedes e vive ad Amsterdam Sud, il quartiere più alla moda ed elegante della città.

Fred è sempre stato un uomo pronto a lagnarsi per ogni cosa: dalla puzza proveniente dal primo piano, alla signora che non raccoglie gli escrementi del cane nelle aiuole.
Fred non sopporta nulla e nessuno: detesta il cognato che ritiene un nullafacente fallito, la cognata perché è solo una povera attrice priva di talento, non sopporta neppure il vicino di casa, Erik Mencken, conduttore televisivo, lo disprezza per la sua finta abbronzatura e ancor più perché lo trova eccessivo nel suo voler piacere a tutti.

Dopo l’incontro con Max G. però scatta qualcosa in Fred che improvvisamente deve fare anche i conti con se stesso e ammettere che la sua vita è un completo fallimento.
Lui non è nessuno, non ha raggiunto nessun obiettivo ed è disgustato dalla mediocrità della sua esistenza.
Decide che è giunto il momento di cambiare e che Max G. è proprio la persona giusta per aiutarlo a fare il salto di qualità, poco importa che il vecchio compagno di studi sia un boss della malavita e che certe persone chiedano prima o poi il conto perchè “in quegli ambienti niente è gratis”.

Il romanzo in realtà inizia dal finale e si apre con Fred Moorman impegnato a trovare un aneddoto da inserire nel discorso che dovrà fare al funerale dell’amico.
Max G. è morto, è stato assassinato, freddato con un colpo di pistola nella sua auto. Proprio da questo delitto trasmesso in tutti i telegiornali, Fred Moorman, io narrante, riavvolge il nastro raccontando come è accaduto che si sia ritrovato a dover scrivere il discorso in memoria del vecchio compagno di scuola.

Nonostante le prime pagine del romanzo mi siano sembrate un po’ più lente del solito, è indubbio che anche con questo libro Herman Koch sia riuscito a scrivere un altro straordinario successo.
Ancora una volta Koch riesce a tenere incollato il lettore al romanzo fino all’ultima pagina, grazie ad un ritmo della narrazione che cresce di intensità e suspense di capitolo in capitolo fino a quello conclusivo adrenalinico e ricco di colpi di scena.

Nei mesi scorsi vi avevo già parlato di altri due romanzi dello stesso autore intitolati “La cena” (Neri Pozza 2010 / BEAT 2011) e “Villetta con piscina” (Neri Pozza 2011 / BEAT2013).

Rispetto a questi due precedenti romanzi si ha l’impressione che in “Odessa Star” vi siano da parte di Koch un desiderio maggiore di insistere su descrizioni nauseanti e disgustose, una più intensa ricerca dell’eccesso a tutti i costi, una volontà di superare il limite che ricorda lo stile pulp dei film di Tarantino.

Nel corso dei tre romanzi inoltre l’immagine della “bella famiglia unita” va disgregandosi: ne “La cena” la famiglia del protagonista è unita qualunque cosa accada, marito e moglie sono disposti a tutto pur di difendere l’unità familiare;  in "Villetta con piscina” si intravede già una crepa nel nucleo familiare quando il protagonista ha una relazione extra-coniugale mettendo a repentaglio l’incolumità della famiglia stessa, infine in “Odessa Star” i legami familiari sono completamente allentati.
Il matrimonio di Fred e Christine è un’unione ormai al capolinea, il loro è uno stare insieme per abitudine, non c’è alcuna complicità e il riavvicinamento finale risulta poco credibile e comunque molto precario.
Gli unici rapporti veri e duraturi in tutti e tre i romanzi sono quelli tra genitori e i figli, nonostante i frequenti alti e bassi dovuti anche all’età adolescenziale di questi ultimi. 

“Odessa Star” è un thriller psicologico in cui ancora una volta Herman Koch descrive un mondo cinico, violento e superficiale, dove il desiderio di essere qualcuno e di ottenere ciò che si desidera autorizza chiunque a prenderselo senza scrupoli, arrivando anche ad uccidere il prossimo per affermare se stessi e la propria volontà.


domenica 9 marzo 2014

“Con rispetto parlando” di Ana Nobre de Gusmão

CON RISPETTO PARLANDO
NERI POZZA
Laurinda è una domestica ad ore. E’ una donna curiosa, superstiziosa, pettegola e perfino volgare, ma nonostante tutte queste sue caratteristiche poco apprezzabili, i suoi datori di lavoro o come lei ama definirli, senza alcuna vena polemica, i suoi “padroni” pendono dalle sue labbra senza neppure capirne il motivo.

Spesso anzi si interrogano sulle abilità di chiaroveggenza della domestica, si chiedono perché senza accorgersene si trovino a raccontarle sempre i fatti loro, a chiederle consigli senza sapersi dare risposte.
Talvolta sono persino irritati con se stessi per non essere in grado di frenarsi, ma è innegabile che abbiano bisogno di lei, delle sue chiacchiere, delle sue follie e perché no dei suoi consigli.

La saggezza di Laurinda è una saggezza popolare fatta di modi di dire come “Dio manda il freddo a seconda dei panni” oppure “Dio scrive sulle righe storte”, solo per citarne alcuni.
Laurinda è religiosa, ma ha una religione tutta sua, fatta di spiriti e fantasmi, di preghiere mezze inventate, di medium e contatti con l’altro mondo:

“Chè pure io mica ci credo a questa storia della confessione, non si metta in testa che solo perché credo in Dio devo credere pure a tutte le balle che i preti ci raccontano”.

I padroni di Laurinda sono quattro, tre donne e un uomo, tutti più o meno della stessa età intorno ai quarant’anni.

La signora Celeste è una donna separata, non vuole il divorzio perché vuole spremere più possibile l’ex marito. Cambia continuamente amanti e fin dalle prime pagine inizia una storia con un ragazzo di vent’anni più giovane che ovviamente Laurinda non approva.
Celeste è una donna a suo modo affascinante ma vuota, indolente ed ossessionata dalla paura di invecchiare.

La signora Vanda invece è la classica casalinga frustrata, tre figli e un marito che non vuole assolutamente che riprenda a lavorare.
Non le mancano i soldi, suo marito guadagna a sufficienza per farla vivere nel lusso con tanto di domestica e cuoca, ma lei fatica ad accettare questa condizione senza far nulla per cambiarla tranne lamentarsene continuamente con Laurinda.

Gli ultimi due datori di lavoro della domestica sono il professor Emanuel, il suo preferito, un uomo colto, scapolo ed omosessuale sempre alla ricerca del grande amore e la signora Ursula.

Ursula fa la ceramista e viene dalla Svizzera. Anni addietro ha lasciato il marito e si è trasferita in Portogallo seguendo l’uomo di cui si era perdutamente innamorata. La storia d’amore è ormai finita e lei si ritrova a vivere da sola in un paese straniero.
Racconta a tutti che ormai non sarebbe più in grado di sopportare la rigidità della società svizzera, ma la realtà è che non trova il coraggio di tornare a casa e di affrontare la sua famiglia ammettendo con essa di aver commesso un errore a lasciare marito, amici, familiari e patria solo per un colpo di testa.

“Con rispetto parlando” è un libro strano, un libro che parla di tutto e di niente, un libro che potrebbe sembrare perfino frivolo e superficiale ma che ad una più attenta lettura si scopre essere il racconto della vita, la vita vera quella di tutti i giorni.

I personaggi sono persone reali con le loro ossessioni, le loro insicurezze, le loro manie...
I pettegolezzi, i pregiudizi e le maldicenze raccontate in queste pagine sono le stesse con le quali ognuno di noi combatte ogni giorno.

“Con rispetto parlando” è un romanzo irriverente, ironico e pieno di umorismo ma allo stesso tempo è anche una garbata commedia umana scritta con delicatezza e grazia.



sabato 1 marzo 2014

“Le ossa della principessa” di Alessia Gazzola

LE OSSA DELLA PRINCIPESSA
di Alessia Gazzola
LONGANESI
Vi anticipo subito che “Le ossa della principessa” è la quarta avventura di Alice Allevi, giovane specializzanda in medicina legale con l’hobby delle indagini poliziesche.
Il romanzo è preceduto dal libro d’esordio di Alessia Gazzola intitolato “L’allieva” (2011) e dai successivi “Un segreto non è per sempre” (2012) e “Sindrome da cuore in sospeso” (2012).

L’autrice, medico chirurgo dal 2007, è specializzata in medicina legale; non è quindi una banale casualità che la protagonista dei suoi romanzi sia proprio una giovane specializzanda nello stesso campo medico.
Come l’autrice si diletta a scrivere storie con brillanti risultati, tanto che il suo romanzo d’esordio ha venduto 60.000 copie ed è stato tradotto in quattro paesi europei, così Alice Allevi sotto l’ala protettrice dell’ispettore Roberto Calligaris, si dedica ad indagare su morti misteriose e persone scomparse, cercando di fare emergere le sue indubbie doti investigative.

Il quarto libro inizia con la scomparsa di una delle colleghe di Alice, una vera carogna di nome Ambra Negri Della Valle: la classica ragazza bella, ricca, intelligente... insomma perfetta nonché ex dell’affascinante quando perfido Claudio Conforti, ricercatore di medicina legale.
Quando Alice e Claudio vengono chiamati per il ritrovamento di un cadavere, in istituto tutti temono il peggio, ma in realtà il corpo, o meglio quello che rimane di esso, non appartiene ad Ambra, ma ad una ragazza la cui scomparsa era stata denunciata anni addietro, per la precisione nel 2006. Viviana Montosi, questo il nome della vittima, era una giovane archeologa che aveva svolto delle ricerche nei territori palestinesi poco prima di far perdere le proprie tracce.
Il caso era rimasto irrisolto e ora dopo anni il cadavere viene ritrovato in un luogo isolato, disposto in posizione fetale, accanto ad esso una coroncina di plastica da principessa.
Chi l’ha uccisa e perché? Perché quello strano rituale di sepoltura? Come spiegare il legame che sembra affiorare tra il ritrovamento del cadavere di Viviana Montosi e la scomparsa della collega Ambra Negri Della Valle?  

Per ovvi motivi non posso dirvi di più sulla trama, trattandosi di un giallo, vi rovinerei il piacere della lettura di un romanzo che si rivela sin dall’inizio carico di suspense.

Il personaggio letterario di Alice è stato paragonato da molti a Kay Scarpetta, celebre protagonista nata dalla penna di Patricia Cornwell. Confesso che non ho mai letto i romanzi della Cornwell e non sono quindi in grado di dirvi quanto ci sia di vero in questa affermazione.

Personalmente nel romanzo della Gazzola ho trovato coinvolgente e piacevole la contaminazione di stili. “Le ossa della principessa” è un giusto mix tra un romanzo giallo, a tratti quasi un thriller, e quel genere che viene oggi comunemente definito chick lit.

La narrazione propone due storie parallele: da una parte abbiamo Alicia Allevi e la sua vita privata un po’ stile protagonista dei libri di Sophie Kinsella e dall’altra la storia di Viviana.
Alice affianca Roberto Calligaris negli interrogatori agli ex-colleghi ed agli amici della vittima e nel frattempo si documenta spulciando il fascicolo della polizia riguardante il caso e leggendo le mail che Viviana aveva inviato alle amiche nell’ultimo periodo della sua vita.

La dottoressa Allevi ricorda a tratti Bridget Jones, la protagonista dei libri di Helen Fielding: come lei è maldestra, pasticciona, indecisa, sentimentalmente negata, combattuta tra due uomini... ma nonostante sembri sempre perseguita dalla sfortuna, Alice, complice il suo intuito infallibile e la capacità di sapersi trovare nel posto giusto al momento giusto, scopre indizi fondamentali per le indagini.

A voler essere sincera sono un po’ pentita di aver letto il quarto libro, forse sarebbe stato più interessante seguire la storia dall’inizio, di certo ho intenzione di leggere appena possibile gli altri tre romanzi perché la curiosità è tanta.
Non vedo comunque nessuna controindicazione per chi volesse leggere questo romanzo per primo.
Diciamo che è un po’ come guardare un telefilm poliziesco dalla quarta puntata, magari non sarete in grado di capire subito tutti i collegamenti tra i personaggi principali, ma questo certamente non vi impedirà di godervi l’indagine e la soluzione del caso.
In verità qualcuno sostiene addirittura che questo sia il romanzo più bello della Gazzola, per ora non ho termini di paragone, ma di certo “Le ossa della principessa” è un libro divertente e intrigante, scorrevole e ben scritto.