lunedì 29 luglio 2013

“Il segreto dei porporati” di Piero Degli Antoni

IL SEGRETO DEI PORPORATI
di Piero Degli Antoni
SPERLING & KUPFER
A distanza di soli cinquant’anni dall’ultimo concilio, Youssif Marayati, assurto al soglio pontificio con il nome di Bonifacio X, papa originario di Aleppo e uomo permeato da una profonda spiritualità orientale che sconfina talvolta con l’esoterismo, ha indetto senza un apparente motivo un nuovo concilio.
Il luogo scelto da Bonifacio X per questa importante riunione, nella quale si ritiene che cardinali e vescovi saranno chiamati a discutere di questioni di vitale importanza per la sopravvivenza della Chiesa Cattolica, è l’Ospizio Hoffman, un antico monastero che domina il passo dello Chetif in Svizzera.
Mentre al di fuori dell’edificio sono assiepati i giornalisti in cerca di uno scoop ed all’interno i cardinali ed i vescovi hanno già preso posto nella sala del concilio, Tadeusz Wolinski, il segretario del pontefice nonché suo amico di vecchia data, si aggira preoccupato per i corridoi a causa dell’evidente ritardo del papa.
Wolinski non potendo più attendere oltre decide di recarsi nelle stanze del pontefice scoprendone così il cadavere in un lago di sangue sul terrazzino.
Il Papa è stato assassinato, accoltellato diverse volte dal suo aguzzino.
Sconvolto dall’accaduto e indeciso su come procedere rende partecipe della scoperta Mosignor Vespignani, presidente dell’Apsa, l’ente che gestisce il patrimonio della Chiesa. Insieme ritengono opportuno, viste le circostanze, di dare l’incarico delle indagini del caso a Maddalena Luci, la concertista privata del papa, una ragazza non vedente che, prima di perdere la vista, aveva frequentato l’Accademia di polizia e aveva lavorato per un breve periodo nei reparti investigativi.
Cinque sono i sospettati: cinque cardinali che avevano libero accesso agli appartamenti papali e che potevano superare i controlli della rigida sorveglianza. Tra i sospettati c’è anche lo stesso Altiero Vespignani…

Leggendo questo romanzo è inevitabile pensare immediatamente al bestseller “Angeli e Demoni” di Dan Brown, come in quest’ultimo infatti assistiamo ad un thriller ambientato nelle stanze del potere vaticano.
Il libro di Piero Degli Antoni è incentrato su un segreto sconvolgente che, una volta rivelato, potrebbe contraddire tutto ciò che è stato scritto nei Vangeli e mettere in discussione la figura di Cristo così come è stata tramandata nel corso dei secoli.
“Il segreto dei porporati” però ha caratteristiche più da libro giallo, gli interrogatori serrati e la ricostruzione dei fatti ricordano molto le indagini dei romanzi di Agatha Christie.
L’intreccio della trama è ben costruito. I personaggi sono descritti dettagliatamente, Piero Degli Antoni ne tratteggia infatti sia le caratteristiche fisiche sia psicologiche senza tralasciare di raccontarci la storia di ognuno rendendoli “completi”.
Il personaggio che attirerà subito le vostre simpatie sarà Padre Tadeusz, insicuro, dubbioso e incerto, qualche volta anche maldestro, ma un amico fedele, una persona affidabile che al momento giusto sa dimostrare anche una prontezza di spirito e una forza inaspettati, arrivando anche a mentire se necessario.
Nonostante sin dalle prime pagine, da alcuni indizi, potrebbe essere evidente chi sia l’assassino, lo scrittore è davvero bravo a sviare anche il lettore più attento dalla sua identificazione fino al colpo di scena finale.
“Il segreto dei porporati” con la sua giusta dose di suspense e mistero è uno di quei romanzi che cattura il lettore, mettendone alle prova le capacità investigative e spingendolo a cercare di risolvere il caso prima dell’ultima pagina.
          

domenica 21 luglio 2013

“La casa sfitta” di Ch. Dickens, E. Gaskell, W. Collins, A.A. Procter



 LA CASA SFITTA
di Dickens – Gaskell – Collins - Procter
Jo March Agenzia Letteraria
Charles Dickens, Elizabeth Gaskell, Wilkie Collins e Adelaide Anne Procter, quattro illustri personalità del mondo letterario di epoca vittoriana, sono gli autori di “A house to let”, storia pubblicata per la prima volta nel 1858 nell’edizione natalizia di Household Words, rivista diretta dallo stesso Dickens.

La signorina Sophonisba è una donna avanti negli anni, nubile e sola, alla quale il dottore ha prescritto una “vacanza londinese” ritenendo necessario un cambio d’aria per curare la depressione da cui è afflitta.
L’anziana signora lascia quindi la sua casa di Tunbridge Wells per trasferirsi in una casa in affitto nella capitale.
La sistemazione a Londra risponde perfettamente alle sue esigenze; l’unica nota stonata risulta essere la casa sfitta di fronte, una costruzione “parecchio malmessa, ma non in rovina”.
Un giorno Sophonisba avverte un’inquietante presenza nell’edificio di fronte e da quel momento non riesce più a pensare ad altro, la casa sfitta diventa la sua ossessione.
Per aiutare la donna ad uscire da questo suo stato d’ansia Trottle, il suo affidabile maggiordomo, e Jabez Jarber, il suo ex-spasimante ancora innamorato di lei, si improvvisano investigatori per risolvere il mistero della casa sfitta.
Alla voce di Jarber è affidato il racconto di tre storie slegate dalla vicenda principale, ovvero le storie degli inquilini che hanno affittato la casa nel corso degli anni.

Ognuno di questi racconti è opera di un diverso autore.

Il primo episodio “Il matrimonio di Manchester” scritto da Elizabeth Gaskell è la storia dei coniugi Openshaw: del passato della signora Alice prima di sposare il Signor Openshaw, del loro incontro e del loro trasferimento a Londra a seguito della promozione ottenuta dal signor Openshaw.

Il secondo episodio è opera di Charles Dickens ed è intitolato “Ingresso in Società”. Il racconto è narrato in prima persona dal signor Magsman il quale un tempo aveva preso in affitto la casa per i suoi spettacoli circensi. Egli ci narra la storia di un suo dipendente, il signor Chops, un nano con la fissazione di voler entrare in Società.

Il terzo episodio è affidato alla penna di Adelaide Anne Procter, una poetessa molto amata dalla regina Vittoria. “Tre sere nella casa” si differenzia dai precedenti racconti in quanto scritto in versi. La protagonista della poesia è Bertha, una giovane donna che per amore del fratello rinuncia a farsi una vita propria. Un giorno il fratello si sposa e lei capisce di aver rinunciato all’uomo amato ed alla sua felicità per nulla, ma ormai è troppo tardi per tornare indietro.

L’ultimo racconto “Il rapporto di Trottle” altro non è, come si evince dal titolo stesso, che il resoconto del maggiordomo a Sophonisba di quanto scoperto in merito alla casa. Questo ultimo episodio, opera di Wilkie Collins, si lega nuovamente alla vicenda principale e chiarisce il mistero della casa sfitta.

La cornice narrativa del romanzo è stata scritta a quattro mani da Dickens e Collins, ma l’influenza di Dickens si avverte anche nel racconto scritto dal solo Wilkie Collins.
L’umorismo e la satira che caratterizzano i personaggi dickensiani si integrano perfettamente con il racconto pieno di suspense e ricco di colpi di scena di Collins, maestro del sensational novel vittoriano.

Ogni racconto rispecchia lo stile del proprio autore. Così riconosciamo la penna di Elizabeth Gaskell nell’episodio de “Il matrimonio di Manchester” dall’introspezione psicologia dei personaggi e dalla particolare attenzione dell’autrice alla situazione economico-sociale all’interno della quale questi stessi personaggi si muovono.
Non è difficile riconoscere la penna di Dickens da alcune delle tematiche fondamentali dei suoi romanzi: il bambino orfano, il circo, l’ambiguità della società…
Una piacevole sorpresa è la poesia della Procter, poetessa molto famosa alla sua epoca ma non altrettanto ai giorni nostri. I suoi versi sono delicati e struggenti, malinconici e toccanti.

Dobbiamo ringraziare ancora una volta la Jo March Agenzia Letteraria per aver scovato questo romanzo dimenticato. Un regalo preziosissimo quanto inaspettato per tutti gli amanti della letteratura di epoca vittoriana.
Poiché la filosofia della casa editrice è quella di riscoprire ciò che è stato dimenticato, "i tasselli mancanti di un continente letterario sommerso”, a noi lettori non resta che rimanere in trepidante attesa della prossima uscita della collana Atlantide.


mercoledì 17 luglio 2013

Renard Suaso - "Appunti sparsi tra poesia e realtà"

Dopo tanti classici della letteratura e della poesia…dopo tanti autori contemporanei e nuove proposte…ho pensato che fino ad oggi non avevo mai scritto un post su un poeta dei giorni nostri, non necessariamente un personaggio famoso, ma magari semplicemente uno scrittore di pensieri, emozioni e riflessioni, scovato per caso navigando su internet in una pigra serata d’estate…

Nasce così la proposta di queste due poesie di Renard Suaso che potrete leggere direttamente sul sito dell’autore dove troverete altri suoi appunti sparsi tra poesia e realtà.

Nessuna spiegazione, perché la poesia è emozione, è suggestione e le emozioni non si possono spiegare.
Solo un invito a vivere i propri sentimenti senza averne paura e senza nascondersi.



Radici

Giro sperso nella città, con occhi spenti e un velo di tristezza.
Ma l’illusione che potrei incontrarti accende ogni speranza.

Trovarti tra i mille volti che affollano queste immense strade,
nelle mattine fredde d’inverno o tra la calda luce d’estate,
tuffarmi nei tuoi profondi occhi, incrociare il tuo viso,
vedere le tue labbra muoversi accennando un sorriso..

Ma l’illusione è vana, lo stesso sole mai ci afferra,
siamo alberi lontani seminati in questa sterminata terra.
Le nostre foglie mai si confonderanno ad ogni soffio del vento,
abbiamo solo profonde radici, fatte d’empatia e sentimento.

Ovunque sei, il tuo ricordo sempre aleggia,
alimenta felicità, sorrisi e anche qualche lacrima,
la memoria è la nostra terra, la poesia la nostra pioggia,
le mie radici saranno legate per sempre a quelle della tua anima.



L’inganno

Lì, dove giacciono i desideri, niente conosce tregua.
Nel silenzio della notte, nella mia mente il tuo pensiero batte prepotente.
Senza pace, nè sosta, ogni pensiero mi assesta un colpo,
ogni palpitazione mi infligge un graffio.
A questa dolce sofferenza ribellarmi non m’è concesso…
Chiudendo gli occhi, la ragione suggerisce un artifizio…
Immaginandoti a me vicino,
nessun dolore è più conosciuto,
lentamente, fino al mattino,
l’inganno alla mente è così compiuto.




Qualche cenno biografico sull’autore…
Renard Suaso (uno pseudonimo) nasce a Catania negli anni ’80. I suoi scrittori preferiti sono Kafka, Poe, Sciascia, Pirandello e Camilleri. Ama i versi di John Keats e un omaggio al poeta romantico lo potete trovare pubblicato in data 31 ottobre 2012 nella sezione “Appunti” del suo sito web.


martedì 16 luglio 2013

“Il profumo del caffè” di Anthony Capella

IL PROFUMO DEL CAFFE’
di Anthony Capella
NERI POZZA
Londra 1896. La regina Vittoria in lutto si è ritirata dalla vita pubblica, il principe sfuggito alla sorveglianza della madre trascorre i giorni divertendosi, i gentiluomini frequentano le prostitute.
E' l’epoca del dandismo, l’epoca in cui Oscar Wilde con i suoi scritti e il suo modo di vivere sconcerta i contemporanei.

Robert Wallis, il protagonista della storia, ha ventidue anni. E’ stato appena cacciato da Oxford ed il padre non intende più sostenere economicamente il suo dispendioso modo di vivere. Egli si ritiene uno scrittore, o meglio un poeta, in realtà è solo un giovane presuntuoso, un dandy, un bohémien a cui piacciono i bei vestiti e gli oggetti di lusso.

Un giorno al Café Royal, locale frequentato da artisti nullafacenti come lui, conosce per caso Samuel Pinker, un mercante di caffè, che lo assume per scrivere una guida per la standardizzazione degli aromi di questa bevanda.
In questo progetto che prevede non solo la pubblicazione di una guida ma anche la creazione di un cofanetto contenente gli aromi di riferimento, Robert Wallis sarà affiancato dalla figlia del suo datore di lavoro, Emily Pinker.

Emily è una giovane affascinante, dalle idee moderne che non vuole vivere nel passato, ritiene un lusso poter lavorare e vuole assolutamente essere trattata come tutti i dipendenti del padre.
Lei e le sorelle minori, Ada e Philomena, hanno perso la madre molto giovani e fin da piccole sono state incoraggiate dal padre a leggere e a partecipare a conferenze. 

Tra Emily e Robert nasce inevitabilmente un reciproco sentimento ostacolato però dal padre di lei.
Samul Pinker propone allora che Robert si trasferisca per quattro/cinque anni in Africa, nella regione dell’Abissinia conosciuta con il nome di Kaffa a sud-ovest di Harar
Qui il pretendente della figlia dovrà dare prova delle sue capacità e creare una piantagione che produca un caffè di ottima qualità che un giorno possa rivaleggiare con le migliori qualità del Brasile e di Sumatra. Al ritorno Robert avrà il permesso di sposare la sua Emily.    

Wallis parte nel giugno del 1897 ma nulla andrà come programmato. Si innamorerà di una bellissima schiava di nome Fikre, conoscerà una terra selvaggia, entrerà in contatto con popolazioni esotiche e non riuscirà a portare a termine l’impresa.

Nel frattempo a Londra Emily inizierà a frequentare Arthur Brewer, un giovane politico liberale…

Al suo rientro in patria, Robert si renderà conto che nulla è più come l’aveva lasciato. Londra è cambiata, la “sua” epoca è finita con la morte della regina Vittoria seguita da quella di Oscar Wilde e di John Ruskin…i dandy, i bohemien non sono più di moda, le suffragette lottano per il diritto di voto alle donne, le automobili hanno definitivamente soppiantato le carrozze trainate dai cavalli….

L’incipit del libro è davvero accattivante. Il quadro che l’autore dipinge della Londra di fine Ottocento è affascinante.
E’ avvincente leggere le vicende dei protagonisti, partecipare alla loro crescita, alla loro formazione, mentre sullo sfondo assistiamo contemporaneamente all’avvicendarsi di due diverse epoche.
Bellissime sono le descrizioni dei paesaggi africani così come quelle della città di Londra. Capella è davvero bravo a tradurre in parole gli aromi e i profumi.
Il romanzo è piuttosto lungo (526 pagine) ma, anche se per questo motivo il ritmo del racconto inevitabilmente a tratti cala, la lettura resta comunque sempre scorrevole perché i colpi di scena sono davvero sorprendenti.

La caratterizzazione dei personaggi è ottima. Quello che colpisce di più è il realismo di questo romanzo. I sentimenti di amore e di amicizia, la passione di cui si legge in questo libro sono reali, non hanno nulla del “romanzato”.

Il richiamo che Capella fa ai personaggi reali dell’epoca di cui scrive rendono il tutto ancora più vero, come quando ci racconta della presenza al ballo in maschera di Bosie, ovvero Lord Alfred Douglas l’amante di Oscar Wilde oppure la presenza di Rimbaud in Africa.
Interessanti sono poi le citazioni di personaggi e letterati come Wilde, Freud, Goethe…

Ad essere sincera le spiegazioni relative alla nascita dell’economia finanziaria, con l’introduzione dei nuovi termini come legge di mercato, investimenti, obbligazioni, titoli derivati non sono sempre di facilissima comprensione per chi come me è completamente digiuno di economia, ma anche in questo caso l’autore è stato bravissimo a cercare di essere il più chiaro ed esaustivo possibile.
“Il profumo del caffè” è un libro sull’amore, su ogni tipo d’amore, perché questo sentimento non è fatto di un’emozione sola, ma di molte come molti sono gli odori di un buon caffè.



lunedì 15 luglio 2013

“Il tasto G” di Rossella Calabrò

IL TASTO G
di Rossella Calabrò
SPERLING & KUPFER
GianBattista Stigler è un ascensore ultracentenario, uno di quei vecchi ascensori con il sedile sul quale le persone possono accomodarsi durante le salite e le discese.
E’ proprio Stigler, con il suo sedile in pelle bordeaux, a narrarci le storie del libro, lui è un confessionale semovente che ama definirsi un connaisseur de femmes. E’ un ascensore gentiluomo, innamorato del genere femminile ed in particolare delle donne del suo condominio, delle quali conosce debolezze, virtù, difetti, speranze e desideri. Lui sa ascoltare ed proprio questo suo “tasto G” che lo rende unico perché tutti abbiamo un bisogno infinito di trovare qualcuno che ci ascolti.

“Il tasto G” più che un romanzo vero e proprio, più che una serie di racconti, può essere considerato una galleria di ritratti femminili (solo qualche pagina è dedicata a brevi racconti maschili), un viaggio su è giù per i pianerottoli del pianeta donna, un universo dalle mille sfaccettature. Avete presente la canzone di Fiorella Mannoia “Quello che le donne non dicono”? ecco è proprio quello che Rossella Calabrò cerca di spiegarci attraverso le pagine di questo libro.

Quello che colpisce di più di questi brevi racconti è la varietà delle storie: da quelle comiche e divertenti come quella di Vera Verace con il suo British Style che ogni tanto viene messo in ombra da quel suo lato ribelle dovuto alle origini napoletane, a quelle surreali e un po’ folli come quelle di Isabella Dukan con il suo sogno ambientato sul pianeta Zhona fino a ritrovarsi a leggere pagine delicate e piene di sensibilità come quelle dedicate alla vita di Gemma o alla vita di Una e il gatto Noy oppure quelle più amare come quella di Benedetta Colla con la sua paura di invecchiare da sola.
Ogni età viene rappresentata: c’è la signora anziana, la cinquantenne che non sa da che parte stare (giovane o vecchia?), la giovane alle prime esperienze e la ragazzina adolescente.

E’ impossibile non ritrovarsi in qualcuna di queste donne o non paragonare le loro vite a quelle delle nostre amiche, colleghe e conoscenti.
Le donne hanno tutte un problema comune: pensano tutte indistintamente di essere troppo grasse. Ma quello che è davvero in sovrappeso non è il loro fisico, ma le loro emozioni. Le donne sentono troppo, amano troppo, pensano troppo.

“Il tasto G” è uno di quei libri che si leggono in mezza giornata. Ma sebbene all’apparenza sembri un libro leggero, ironico, una di quelle letture che chissà perché si definisco “da leggere da sotto l’ombrellone”, in realtà in questo libro c’è molto più. “Il tasto G” vi farà riflettere su voi stesse e prendere coscienza di molte cose, come del fatto che il desiderio di essere accettate e la voglia di essere amate sono sentimenti comuni a tutto il genere femminile.


domenica 14 luglio 2013

“Il collezionista delle piccole cose” di Jeremy Page

IL COLLEZIONISTA DELLE PICCOLE COSE
di Jeremy Page
NERI POZZA
E’ l’aprile del 1845 quando il collezionista e naturalista poco più che trentenne Eliot Saxby si imbarca nel porto di Liverpool sul brigantino a tre alberi Amethyst con destinazione Eldey, una piccola isola nell’Atlantico settentrionale.  
Lo scopo del viaggio verso l’Artico è di entrare in possesso di qualche resto dell’alca impenne, un uccello dall’aspetto simile a quello dei pinguini e come loro inabile al volo, che si ritiene essersi ormai estinta.

Al comando del mercantile Amethyst c’è il capitano Sykes, un uomo che si dimostrerà ben presto avido e privo di coscienza, spregevole e meschino.
Agli ordini del capitano ci sono il primo ufficiale Quinlan French, un uomo freddo e subdolo, cacciato anni prima dalla marina britannica dove prestava servizio, e l’ufficiale in seconda Talbot, una persona taciturna e scostante.
A completare l’equipaggio troviamo “i bastardi” di Sykes, marinai tutti di origine irlandese, ed il cambusiere portoghese Simao.
Eliot Saxby  affronterà il viaggio in compagnia di altri due passeggeri: Edward Bletchley e la cugina di questi Clara Gould.
Edward è quello che può essere definito un dandy. Ha circa venticinque anni, i capelli biondi-rossicci acconciati alla moda e sfoggia sempre un abbigliamento ricercato. Un uomo sicuro di sé almeno all’apparenza.
Clara Gould, vicina per età al cugino, è una donna bella, elegante, eterea e sempre avvolta da un alone di mistero.
Saxby è sicuro di aver già conosciuto Clara dieci anni prima quando lavorava nel Norfolk, ma la donna allora si chiamava Celeste Cottesloe ed era la figlia del suo datore di lavoro.
L’atmosfera fin dalle prime ore di navigazione si fa inquietante e misteriosa, un senso di attesa di qualcosa di indefinito, di malvagio e sinistro sembra prendere il sopravvento su ogni cosa…

Il libro è molto descrittivo e le prime pagine risultano piuttosto lente, poi il racconto prende ritmo ed il lettore riesce ad entrare nella storia.
Impossibile non provare empatia nei confronti di Eliot Saxby davanti alle carneficine delle foche, dei trichechi, al perverso modo di divertirsi della ciurma nei confronti dei gabbiani e delle balene.
Alcune immagini sono di una violenza inaudita e viene spontaneo porsi la domanda di Clara “perché gli uomini non sanno fare a meno di uccidere?”
 “Il collezionista delle piccole cose” cerca  di risvegliare le nostre coscienze e ci impone di interrogarci sul perché della furia distruttiva dell’uomo e sulla sua insensibilità che si ripete nel corso dei secoli e dei decenni immutata fino ai giorni nostri.

Tutta quella violenza, tutta quella ferocia. Il fallimento dell’uomo che si rivela essere nient’altro che una bestia avida e a caccia di profitti.

Il romanzo punta il dito contro la mercificazione della natura e della vita, contro il saccheggio indiscriminato dell’ambiente da parte dell’uomo che vede in qualsiasi forma di vita solo profitto e possibilità di scambi.

Questo libro è stato una piacevole sorpresa. Da appassionata di romanzi ambientati sul mare ai tempi delle guerre napoleoniche, pur sapendo che questo sarebbe stato diverso poiché la storia si svolgeva qualche decennio dopo su una nave mercantile, mi aspettavo comunque che il protagonista fosse simile al Dottor Maturin, celebre naturalista nonché inseparabile compagno di navigazione del comandante Jack Aubrey, nei libri di Patrick O’Brian.

“Il collezionista delle piccole cose” invece è un libro completamente diverso, non solo per come Jeremy Page pone l’attenzione sul problema ambientale, ma anche per come sviluppa la storia del romanzo stesso.
Quell’aria di mistero, di sovrannaturale che aleggia per tutto il romanzo, quel senso di incertezza sull’identificazione e lo sdoppiamento di Clara Gould e Celeste Cottesloe ricordano un romanzo di epoca vittoriana che ho apprezzato moltissimo intitolato “La donna in bianco” scritto da Wilkie Collins, la cui trama è anch’essa giocata sul tema del doppio ed è caratterizzato da atmosfere altrettanto cupe e gotiche.
In questo romanzo Jeremy Page è riuscito perfettamente a conciliare una storia dal carattere vittoriano con le attualissime battaglie ambientaliste. Un romanzo davvero originale.


martedì 2 luglio 2013

“Villetta con piscina” di Herman Koch

VILLETTA CON PISCINA
di Herman Koch
BEAT
Marc Schlosser è un medico di famiglia, ha una bella moglie di nome Caroline e due bellissime figlie Julia di tredici anni e Lisa di undici. La sua sembra una vita perfetta: un matrimonio riuscito, un menage familiare tranquillo e nessun problema economico.
Tra i pazienti che ha in cura presso il suo studio, per la maggior parte scrittori, comici, artisti, gente di spettacolo, c’è anche un famoso attore di teatro nonché star televisiva, un certo Ralph Meier.
Tra Schlosser e Meier l’iniziale rapporto medico-paziente si trasforma ben presto in un rapporto più intimo e l’amicizia nata tra i due coinvolge ovviamente anche le rispettive famiglie.
Durante le vacanze estive gli Schlosser sono ospiti al mare nella villetta con piscina presa in affitto dai Meier. Ralph ha due figli maschi Alex e Thomas vicini per età alle figlie di Marc con le quali i ragazzi stringono subito amicizia.
Tra gli ospiti di Ralph e della moglie Judith, ci sono inoltre Vera, la suocera dell’attore, e la coppia formata da Stanley Forbes, un famoso regista sulla sessantina, e dalla sua fidanzata Emmanuelle, una giovanissima modella.
La narrazione della vacanza estiva è però un flashback. Nelle prime pagine del romanzo assistiamo alla morte di Ralph Meier che in ospedale, malato terminale, preferisce bere un bicchierino di dose letale (l’eutanasia è una pratica consentita in Olanda) piuttosto che attendere il doloroso colpo finale della malattia, mentre Marc Schlosser aspetta di essere giudicato da una commissione per  l’errore medico commesso.
Il dottore, nonostante si fosse reso conto fin da subito della gravità della situazione, aveva tranquillizzato l’amico, dicendo che non c’era nulla di grave. In realtà, non solo aveva taciuto sul fatto che per avere una qualche speranza di arrestare il decorso della malattia sarebbe stato necessario intervenire immediatamente, ma aveva pure prelevato un campione di tessuto facendo in modo di accelerarne l’avanzamento.
Perché Marc Schlosser aveva deciso che Ralph Meier non meritava di vivere? Che cosa era accaduto di così grave? E quando?

“Villetta con piscina” così come “La cena” (altro libro di Herman Koch che potete trovare sempre in edizione Beat) è un romanzo da “brivido”, pieno di colpi di scena, intenso e cinico.
Nessun personaggio è in realtà quello che sembra, nessuno è senza colpe, tutti cercano semplicemente di soddisfare i propri istinti, senza pensare alle conseguenze per sé e per gli altri.
I rapporti interpersonali sono tutti rapporti di facciata, non c’è nessuna sincerità ma solo indifferenza, falsità, pregiudizi e opportunismo.
Marc, all’apparenza marito perfetto e padre premuroso, è ossessionato dalla voglia di portarsi a letto Judith; Ralph non ha nessuna stima della moglie e non perde occasione per rimarcarglielo anche davanti a terze persone; Vera, così come la figlia Judith, ha una pessima opinione di Ralph; Stanley che dovrebbe essere amico dell’attore non si fa scrupoli di dire che la morte di questi lo ha lasciato totalmente indifferente.
Si potrebbe tranquillamente affermare che il vero protagonista del romanzo è il cinismo dilagante nella società contemporanea.
Le prime pagine in cui Marc Schlosser ci parla del suo lavoro e del suo modo di relazionarsi con i suoi pazienti è semplicemente aberrante. E’ sconvolgente l’idea di un medico che mentre visita le persone sia così disgustato dalla vista dei lori corpi da essere costretto a pensare a tutt’altro per distrarsi.

Herman Koch è davvero bravissimo a fare un ritratto del mondo in cui viviamo, un mondo cinico dove le regole non vengono mai rispettate.
Tra i vari aspetti negativi della società contemporanea, colpisce in modo particolare la descrizione della malasanità in Olanda. Siamo sempre così pronti a pensare che solo in Italia accadano certe brutture e poi, leggendo il libro di Koch, ci rendiamo conto di quanto sia vero il detto “tutto il mondo è paese.
Tramite le parole di Marc Schlosser veniamo a sapere che il medico di famiglia non deve guarire i pazienti, deve solo fare in modo che non finiscano in massa dagli specialisti e in ospedale. Se i medici di famiglia prescrivessero esami clinici o visite specialistiche a tutti, il sistema sanitario avrebbe un tracollo completo, per cui pazienza se più di una volta qualcuno non sopravvive all’errore medico.
E comunque davanti ad un errore medico, la commissione non preoccupa più di tanto: fra medici ci si conosce tutti, in molti casi si è giudicati da ex colleghi. In realtà a meno di non averla fatta particolarmente grossa non ci sono conseguenze e anche in quel caso tutto si risolve quasi sempre con un avvertimento o al massimo una sospensione di qualche mese.

I personaggi sono descritti alla perfezione con tutti i loro vizi e le loro meschinità. Il testo è scorrevole e avvincente. Il lettore è disgustato dai protagonisti del libro, nessuno escluso, e nonostante questo non riesce a smettere di leggere. Il desiderio di sapere cosa sia accaduto è talmente forte che non si vede l’ora di girare pagina per scoprirlo.
Herman Koch non ci delude mai, nulla è come sembra, nessuno è innocente; il romanzo ci regala una serie di colpi di scena ed un finale inaspettato.
Koch è davvero bravo a tenere il lettore incollato alle pagine e, attraverso il suo impeccabile racconto dei tempi in cui viviamo, riesce come sempre a farci riflettere sul mondo che ci circonda.