domenica 26 febbraio 2012

"Nord e Sud" di Elizabeth Gaskell




Elizabeth Gaskell (1810 – 1865) è una famosa scrittrice di epoca vittoriana che ha riscosso notevole successo sia presso il pubblico dell’epoca (fu molto apprezzata anche da scrittori quali Charles Dickens) che presso quello contemporaneo soprattutto in Gran Bretagna.
Si occupò di aspetti quali i preconcetti sociali contro le ragazze madri, ma anche dei contrasti determinati in Inghilterra dal carattere industriale del Nord e agricolo del Sud.




Proprio questi contrasti sono il tema principale del suo capolavoro “Nord e Sud”, romanzo solo recentemente tradotto in italiano e pubblicato dalla casa editrice Jo March, forse anche a seguito della grande richiesta del pubblico dopo il successo dell’adattamento televisivo della BBC in quattro puntate che auspichiamo venga presto trasmesso anche dalla televisione italiana.

Protagonista del romanzo è la diciannovenne Margaret, figlia di Mr Hale, un pastore anglicano di Helstone che, assalito da forti dubbi di fede ed in contrasto con il suo Vescovo, decide di abbandonare la Chiesa e trasferirsi a Milton, città industriale del Nord, con la famiglia per dedicarsi all’insegnamento. Proprio qui Margaret farà la conoscenza di esponenti della classe operaia, in particolare di Bessy e di suo padre Mr Higgins, ma anche dei proprietari industriali tra cui Mr Thorton “il padrone” del cotonificio di Marlborough Mills nonché primo allievo di Mr Hale. 
John Thorton, uno dei personaggi più interessanti del romanzo, è l’uomo che si è risollevato dalla miseria solo con le proprie forze, riuscendo a costruire un impero. E’ la personificazione “positiva” dell’uomo del Nord: tenace, combattivo, onesto, rigoroso e tutto teso verso la “produttività”. 
Margaret deve affrontare notevoli difficoltà per adattarsi alla nuova vita, ma soprattutto per accettare di vivere in una città frenetica, sporca, rumorosa, malsana così diversa dalla bucolica Helstone, da quell’ambiente quasi fiabesco della campagna del Sud dell’Inghilterra dove è cresciuta e dove il ritmo della vita scorreva lento e tranquillo. 
Mr Thorton, uomo di larghe vedute, nonostante non abbia ricevuto un’educazione classica vittoriana,  subisce quasi immediatamente il fascino della bella e altezzosa Margaret rimanendo disorientato ed al tempo stesso attratto dal suo essere così fiera e indipendente. 
A sua volta la ragazza si trova ben presto, nei confronti di John Thorton, combattuta tra l’ammirazione per l’uomo che si è fatto da solo, forte e rispettabile e l’ostilità verso l’industriale che lei ritiene responsabile delle miserie dei suoi operai.

“Quando vedo lavoratori violenti e ostinati nella ricerca dei propri dirititti, posso indubbiamente dedurre che il padrone è come loro; e ignora quell’anima che è magnanima, e benevola, e non cerca il suo interesse”.
“Siete proprio come tutti i forestieri che non capiscono come funziona il nostro sistema, signorina Hale” disse frettolosamente .
“Credete che i nostri lavoratori siano delle marionette di pasta, pronte a lasciarsi plasmare nella forma che più ci piace. Dimenticate che abbiamo a che fare con loro solo per meno di un terzo della loro vita; e sembrate non accorgervi che i doveri di un industriale son ben più grandi di quelli di un semplice datore di lavoro. Noi abbiamo un importante ruolo commerciale da sostenere, che fa di noi i grandi pionieri della civiltà”. 

“Non sono certo io la persona che può decidere chi sia un gentiluomo e chi no, signorina Hale. Voglio dire, non capisco molto l’uso che fate del termine. Ma devo ammettere che questo Signor Morison non è uomo leale. Non so chi sia; sto giudicando semplicemente da quello che ha detto il signor Horsfall”.
“Sospetto che il mio gentiluomo includa il vostro uomo leale.”
“E’ molto di più, sembrate suggerire. Non sono d’accordo con voi. Per me un uomo è un essere umano più nobile e completo di un gentiluomo.”
“Cosa volete dire?” chiese Margaret. “Abbiamo modi diversi di intendere i termini”.
“Dal mio punto di vista gentiluomo è un termine che descrive una persona solo nel suo modo di relazionarsi agli altri; ma quando parliamo di questa persona chiamandola uomo, non la consideriamo solamente in relazione ai suoi simili, ma in relazione a se stessa, alla vita, al tempo, all’eternità. (…) Sono piuttosto stanco di questa espressione da gentiluomo, che a me sembra venga spesso usata a sproposito, e spesso, inoltre, con tale esagerata distorsione del significato… mentre la piena semplicità del nome uomo, dell’aggettivo umano, viene ignorata, il che mi induce a classificarli come termini del gergo quotidiano. 

La storia d’amore tra Margaret e Mr Thorton può ricordare per alcuni aspetti la storia d’amore tra Elizabeth Bennet e Mr. Darcy in “Orgoglio e Pregiudizio” di Jane Asten pubblicata circa una quarantina di anni prima, nonostante la diversa ambientazione geografica e i diversi aspetti della società in cui la storia si sviluppa. Margaret però a tratti incarna entrambi i protagonisti del romanzo della Austen: è Darcy, quando resta arroccata sulle sue posizioni, chiusa nel suo altezzoso orgoglio e lo è nel finale quando risolve i problemi finanziari di lui, ma è anche Elizabeth quando, dopo aver rifiutato la prima proposta di matrimonio di Mr Thorton, realizza che è innamorata di lui e per questo il giudizio negativo che lui potrebbe avere di lei la tormenta ogni giorno.

Per chi volesse vedere le puntate del period drama della BBC ecco di seguito i link:

venerdì 24 febbraio 2012

Blues in memoria (W.H. Auden)


Fermate tutti gli orologi, isolate il telefono,
fate tacere il cane con un osso succulento,
chiudete i pianoforti, e tra un rullio smorzato
portate fuori il feretro, si accostino i dolenti.

Incrocino aeroplani lamentosi lassù
e scrivano sul cielo il messaggio Lui E’ Morto,
allacciate nastri di crespo al collo bianco dei piccioni,
i vigili si mettano guanti di tela nera.

Lui era il mio Nord, il mio Sud, il mio Est ed Ovest,
la mia settimana di lavoro e il mio riposo la domenica,
il mezzodì, la mezzanotte, la mia lingua, il mio canto;
pensavo che l’amore fosse eterno: e avevo torto.

Non servon più le stelle: spegnetele anche tutte;
imballate la luna, smontate pure il sole;
svuotatemi l’oceano e sradicate il bosco;
perché ormai più nulla può giovare.


Questa poesia è state resa celebre dal film "Quattro matrimoni e un funerale". 
Chi volesse rivedere la scena del funerale in cui in cui Matthew la dedica al "suo Gareth " può cliccare qui

giovedì 23 febbraio 2012

L’albatros (Charles Baudelaire)


Spesso, per dilettarsi, gli uomini della ciurma
Catturano gli albatros, grandi uccelli marini
Che seguono, indolenti compagni di viaggio,
la nave che scivola sugli amari flutti.
 
Appena deposti sulle assi della tolda
Questi re dell’azzurro, maldestri e vergognosi
Lasciano pietosamente le grandi ali bianche
Trascinarsi come remi accanto a sé.

Quant’è goffo e fiacco questo viaggiatore alato!
Lui, prima così bello, quant’è comico e brutto!
Uno tormenta il suo becco con un mozzicone acceso,
l’altro mima, zoppicando, l’infermo che volava.

Il Poeta assomiglia al principe delle nubi
che sfida la tempesta e sbeffeggia l’arciere;
esiliato al suolo in mezzo al baccano
le sue ali di gigante gli impediscono il cammino.

“Morte nell’arena” di Federica Guidi


In principio, nel III secolo a.C., si chiamarono munera, cioè obblighi verso i defunti. Poi il nome rimase, ma via via i combattimenti gladiatorii persero il carattere di cerimonia funebre e acquisirono quello di festività offerte da personalità politiche e dall'imperatore per procurarsi consenso, secondo la nota espressione di Giovenale: panem et circenses. Una tradizione che durò oltre sette secoli nel segno dell'intrattenimento grandioso, esotico, violento e globale. Vero e proprio spettacolo interattivo cui il pubblico partecipava non solo con le incitazioni ai contendenti, ma anche decidendo il destino dei vinti. In questo libro l'autrice descrive la scena e i retroscena di un costume che ha attraversato i secoli.
(Source: IBS)



E’ vero il tema trattato non è nuovo, molto si è scritto sull’argomento e numerosi sono i film ed i documentari in merito.  Le descrizioni del libro però sono molto accurate ed il risultato è un saggio molto piacevole e di scorrevole lettura. Certo che in 2.000 anni quanto poco è cambiato!!!

"Che dire poi del fascino che i gladiatori esercitavano sul gentil sesso? Più che alle specifiche di combattimento, le signore erano ovviamente interessate alla prestanza fisica dei combattenti; ma non è solo questo: il fascino del gladiatore nasce proprio dal suo essere tale, dal ruolo che questa figura riveste nell’arena, dalla sua lotta con la morte e dall’immaginario che da questo si sviluppa. A riprova ascoltiamo Giovenale:
Eppia, moglie di un senatore, ha seguito una compagnia di gladiatori fino a Faro, fino al Nilo e alle mura malfamate dei Lagidi, facendo inorridire persino Canopo per l’incredibile immoralità romana. Dimenticati a casa, marito e sorella, senza un pensiero per la sua città, quella depravata ha abbandonato i figli in lacrime e, ciò che più stupisce, persino il suo Paride e il Circo. Pur allevata tra le piume di una culla intarsiata e nel lusso della casa paterna, non ebbe orrore d’affrontare il mare: aveva già affrontato il disonore, che per chi dispone di comode poltrone è danno rilevante. Navigando di mare in mare, ha attraversato i flutti del Tirreno e la distesa fragorosa dello Ionio con cuore intrepido: son donne, queste, che solo se devono correre un rischio per una causa onorevole e giusta cadono in preda alla paura con il cuore che si fa ghiaccio, le gambe tremanti; ma se compiono malefatte, ostentano un coraggio senza pari. Se vuole il marito, è un dramma salire sulla tolda: l’odore della stiva le sconvolge e svengono. Ma quella che segue l’amante ha stomaco di ferro. La prima vomita addosso al marito, questa mangia coi marinai, scorrazza per il ponte e gode nel maneggiare ruvide gomene. Ma di quale bellezza, di qual fiore di giovinezza si è invaghita Eppia? Cosa ha mai visto in lui per sopportare la nomea di “gladiatrice”?
In verità il suo Sergino ormai aveva cominciato a radersi la barba e sperare nel congedo per quel suo braccio rotto; senza contare gli sfregi del viso, il naso escoriato dall’elmo con una gran bozza nel mezzo, e uno sgradevole malanno che gli faceva lacrimare di continuo gli occhi. Ma un gladiatore era! Quanto basta per farne un Giacinto, per preferirlo a figli, patria, sorella e marito: è il ferro che amano le donne. Se il suo Sergio avesse già ricevuto il bastone del congedo, all’istante non le sarebbe apparso diverso da un qualsiasi Veientone. (Giovenale, Satira VI, 82-113)" 
 
(Ed. Mondadori - 2006 Cles TN)
Ma siamo sicure che tutte le donne fossero interessate solo alla “prestanza fisica” dei gladiatori? Nessun reale interesse per il combattimento? Quando oggi guardiamo una partita di calcio, siamo proprio tutte interessate solo  ai tipi che corrono dietro alla palla? Io non credo proprio...



domenica 19 febbraio 2012

Ti vidi piangere (George Byron)


Ti vidi piangere: la grande lacrima lucente
Coprì quell'occhio azzurro
E poi mi parve come una viola
Stillante rugiada.

Ti vidi sorridere: la vampa di zaffiro
Accanto a te cessò di brillare;
Non poteva eguagliare i raggi che affollavano
Vividi quel tuo sguardo.

Come le nubi dal sole lontano
Ricevono un colore intenso e caldo
Che a stento l'ombra della sera vicina
Può cacciare dal cielo,

Quei sorrisi infondono nell'animo
Più triste gioia pura;
Il loro sole lascia dietro un fuoco
Che risplende sul cuore.

Cime Tempestose di Emily Brontë (1818- 1848)


Unico romanzo scritto da Emily  Brontë, “Wuthering Heights” è un romanzo selvaggio, strano e unico nel suo genere; la critica lo tacciò di immoralità e la buona società inglese lo accolse con perplessità.
Ciò che colpisce in questo romanzo è l’intensità delle passioni dei protagonisti: amore, furia, vendetta, odio. Heathcliff con la sua terribile forza di volontà ha qualcosa di demoniaco; la sua origine misteriosa, quel desiderio di distruggere ciò che ama ne fanno un eroe quasi byroniano.
Grandissimo pregio del libro sono poi le descrizioni del paesaggio. Le selvagge, desolate brughiere che circondano Wuthering Heights sono rappresentate meravigliosamente nel variare delle stagioni.


 A che scopo esisterei, se fossi tutta contenuta in me stessa? I miei grandi dolori, in questo mondo, sono stati i dolori di Heathcliff, io li ho tutti indovinati e sentiti fin dal principio. Il mio gran pensiero, nella vita, è lui. Se tutto il resto perisse e lui restasse, io potrei continuare ad esistere; ma se tutto il resto durasse e lui fosse annientato, il mondo diverrebbe, per me, qualche cosa di immensamente estraneo: avrei l'impressione di non farne più parte. Il mio amore per Linton è come il fogliame dei boschi: il tempo lo trasformerà, ne sono sicura, come l'inverno trasforma le piante. Ma il mio amore per Heathcliff somiglia alle rocce nascoste ed immutabili; dà poca gioia apparente ma è necessario. Nelly: io sono Heathcliff! Egli è stato sempre, sempre nel mio spirito: non come un piacere, allo stesso modo ch'io non sono sempre un piacere per me stessa, ma come il mio proprio essere. Così, non parlar più di separazione: ciò è impossibile e...

Possa svegliarsi fra i tormenti! - gridò Heathcliff con una spaventosa veemenza, picchiando i piedi, ruggendo di dolore in un improvviso parossismo d'irresistibile passione. - Sì, sì, bugiarda fino alla fine! Dov'è dunque? Non là... non in cielo... scomparsa, dove? Ah, tu dicevi che non t'importava nulla delle mie sofferenze! Ed io faccio una preghiera, e la ripeterò fin che la mia lingua si secchi: Catherine Earnshaw, possa tu non trovar mai riposo fin ch'io vivo! Tu dici che io ti ho uccisa: tormentami, allora. Le vittime perseguitano i loro assassini, io credo. Io so di fantasmi che hanno errato sulla terra. Sta sempre con me... prendi qualunque forma... rendimi pazzo! Ma non lasciarmi in questo abisso, dove non ti posso trovare! Oh Dio, è impossibile! Non posso vivere senza la mia vita, non posso vivere senza la mia anima!
  

Tante sono state le trasposizioni cinematografiche del romanzo, ma quella a me più cara, e forse più famosa, resterà sempre l’adattamento diretto da William Wyler nel 1939 (titolo in italiano “La voce nella tempesta”) in cui recitarono Laurence Olivier nella parte di “Heathcliff”, David Niven “Edgar Linton” e Merle Oberon interpretò “Cathy”.

“You said I killed you - haunt me, then! The murdered do haunt their murderers, I believe. I know that ghosts have wandered on earth. Be with me always - take any form - drive me mad! only do not leave me in this abyss, where I cannot find you!”



Sonetto XCII - William Shakespeare


Fai pure del tuo peggio per sottrarti a me,
ma per tutta la vita mi apparterrai:
vita che non durerà più a lungo del tuo amore,
perché essa completamente da quell'amore dipende.
Non devo perciò temere il massimo dei mali,
dal momento che il minimo di essi mi può causare la fine;
esiste per me un più felice stato
di questo continuo dipendere dai tuoi umori!
Tu non puoi torturarmi con la tua incostanza,
ne va della mia vita col tuo disdegno.
Oh, quale titolo alla felicità posseggo:
pago di avere il tuo affetto, contento di dover morire!
C'è cosa tanto bella che non tema macchia?
Tu potresti ingannarmi e io non saperlo.