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domenica 4 luglio 2021

“La sorella minore – volume I” di Catherine Hubback

Primo volume di una trilogia “La sorella minore” racconta la storia di Emma Watson la più piccola dei figli del reverendo John Watson.

A differenza delle tre sorelle e dei due fratelli Emma è cresciuta lontano da casa, allevata dalla sorella della madre e dallo zio, il dottor Maitland, a cui Emma era molto affezionata.

La zia però, rimasta vedova e unica erede dei beni del marito, decide inaspettatamente di risposarsi con uno uomo senza sostanze e trasferirsi in Irlanda con il nuovo consorte; ad Emma non resta quindi che tornare a casa dalla propria famiglia d’origine.

La giovane si deve confrontare di punto in bianco con una mentalità e uno stile di vita totalmente diversi da quelli a cui era abituata; fratelli e sorelle sono per lei dei perfetti estranei così come il padre che si rivela essere sin da subito un indolente invalido incline alla depressione.

Emma è una ragazza bella e gentile, ma allo stesso tempo anche forte e orgogliosa.

Proprio queste sue caratteristiche faranno sì che venga notata fin dal primo ballo a cui parteciperà non solo dai giovani del luogo, ma anche dai membri dell’alta società ed in particolare da Lord Osborne suscitando l’invidia di una delle sorelle.

Se il nome Watson vi ricorda qualcosa, sappiate che siete nel giusto. I Watson era infatti il titolo di un racconto iniziato da Jane Austen verso il 1803 e poi abbandonato a seguito della morte del padre. 

Catherine Hubback è la nipote di Jane Austen, figlia del fratello Francis. L’autrice non lesse mai il manoscritto originale, ma ne ascoltò senza dubbio più volte il racconto dall’altra sua zia Cassandra, che era invece in possesso dello stesso, e dalla quale venne anche a conoscenza di come la zia Jane avrebbe voluto proseguire la storia.

Il racconto di Catherine Hubback non riprende la storia dove terminava il racconto della più celebre scrittrice, ma la riporta integralmente dall’inizio rifacendola sua.

Il racconto degli Watson della Austen coincide quindi con i primi cinque capitoli di questo primo volume della Hubback.

L’autrice rimane comunque fedele alla trama originaria ad eccezione di alcuni piccoli particolari (ad esempio l’età del piccolo Charles Willis) e di alcune precisazioni in cui si fa chiara menzione che gli avvenimenti narrati sono ambientati non nell’Inghilterra contemporanea, ma sessant’anni prima ai tempi dei balli di campagna, prima che quadriglie, valzer e polke cambiassero l’aspetto delle sale da ballo.

È sempre rischioso mettere mano ad un racconto scritto da altri tanto più se l’autore è del calibro di Jane Austen, ma Catherine Hubback non delude assolutamente il lettore e scrive il libro che tutte noi Janeites  avremmo voluto leggere.

I Watson era un racconto davvero promettente e ognuna di noi dopo aver partecipato al ballo con Emma si è interrogata a lungo su quale sviluppo avrebbe potuto avere la storia: l’accattivante Lord Osborne si sarebbe rivelato un nuovo Mr Darcy? Oppure l’ottima impressione del più posato Mr Howard sarebbe stata confermata agli occhi della inappuntabile e orgogliosa Emma? Cosa aspettarsi poi dall’affettato e ricercato Mr Tom Musgrove? Quale futuro avrebbe atteso la mite e rassegnata Elizabeth? Cosa pensare della sventata Margaret così simile alla frivola Lydia Bennet di "Orgoglio e Pregiudizio"?

Grazie a Catherine Hubback possiamo avere il nostro finale certe che la sua penna non deluderà le nostre aspettative, dobbiamo solo avere un po’ di pazienza in quanto la Vintage Editore ha deciso di rispettare il piano di pubblicazione originale dell’opera in tre volumi.

Non ci resta quindi che attendere la seconda uscita…

 

 

 

sabato 19 giugno 2021

“Per l’uno e per l’altra” di Jayne Davis

William Charlemagne Stanlake, Visconte di Wingrave, sta per battersi in duello: a voler soddisfazione è Lord Elberton, marito tradito e non molto compiacente.

Il giovane Will non è nuovo a queste imprese, nei suoi venticinque anni di età ha infatti già collezionato una sfilza di amanti e un figlio bastardo.

In verità suo desiderio sarebbe stato arruolarsi per servire il proprio Paese, ma dal momento che il tirannico padre gli ha impedito di coronare il suo sogno, la vita di Will ha imboccato tutta un’altra strada se non altro proprio per rappresaglia verso il dispotico genitore.

Con la morte del fratello maggiore Will si è ritrovato ad essere l’unico erede maschio e il Conte di Marstone non può permettersi che accada qualcosa a quello scapestrato del suo secondogenito che sembra divertirsi a mettere continuamente in pericolo la successione del casato.

È giunto quindi il momento che Will si sposi e la scelta del Conte ricade su Connie. La giovane è figlia di un barone che, ben lieto di concederla in moglie ad un Visconte, non si fa alcuno scrupolo per i sentimenti della figlia considerandola un semplice oggetto di sua proprietà da usare a proprio piacimento.

Will e Connie si incontreranno per la prima volta in chiesa proprio il giorno delle nozze. Riusciranno i due giovani a trovare un’intesa? Un matrimonio di convenienza può trasformarsi in un matrimonio d’amore?

Will si rivelerà un personaggio molto diverso da quello che potrebbe apparire nelle prime pagine. Egli stesso non approva il proprio stile di vita dissoluto e la vicinanza di Connie farà emergere il suo vero carattere. Il Visconte di Wingrave, futuro Conte di Marstone, è in realtà un uomo sensibile e giusto, contraddistinto da un profondo senso dell’onore è un uomo che non si sottrae mai al suo dovere sia verso il suo Paese che verso il prossimo.

Connie è solo all’apparenza una ragazza mite e remissiva, in verità come ogni eroina che si rispetti, è invece una donna forte e determinata che non si lascia scoraggiare dagli eventi ed è sempre pronta a combattere per ciò in cui crede e per difendere coloro che ama.

Primo volume della collana Regency edita dalla Vintage Editore “Per l’uno e per l’altra” è un romanzo che strizza indubbiamente l’occhio ai romanzi di Jane Austen, ma ancora di più a quelli di Georgette Heyer.

In questo libro di Jayne Davis ritroviamo tutte le tipiche tematiche che contrassegnarono l’epoca in cui la storia è ambientata, dalla primogenitura alle rigide convenzioni sociali, dall’umiliante ruolo della donna considerata una semplice merce alla vilipesa condizione femminile più in generale, ma in questo romanzo troviamo anche l’elemento avventuroso che richiama alla mente i libri della bellissima saga dei Poldark nata dalla penna Winston Graham e di cui spesso vi ho parlato.

La trama di questo libro si presterebbe benissimo anche per una trasposizione cinematografica, una serie tv come Sanditon, che ho amato moltissimo, o come la tanto discussa Bridgerton; non stupisce affatto che Jayne Davis sia anche una scrittrice di fiction.

L’elemento avventuroso aggiunge brio al racconto rendendo la lettura davvero scorrevole; le 550 pagine volano via e senza rendersene conto ci si ritrova a leggere l’ultima riga dispiaciuti di dover lasciare andare i nostri beniamini. 

Nessuna paura però perché questo è solo il primo volume di una trilogia. In realtà i tre volumi sono autoconclusivi, nessun finale aperto che ci costringa a leggere anche gli altri romanzi, ma è comunque bello sapere che, se ne sentissimo la necessità, la famiglia Marstone sarebbe pronta ad accoglierci con altre due nuove avvincenti avventure. 

Difficile resistere…

 

 

 


sabato 12 ottobre 2019

“Castelli di sabbia” di Alice e Claude Askew

CASTELLI DI SABBIA
di Alice e Claude Askew
Scrittura & Scritture

Maggie Carvel ha ventitré anni e fin da piccolissima, quando i suoi genitori morirono in un terribile incidente stradale, vive con l’anziana zia Anna a Sandstone, un piccolo villaggio in Inghilterra, dove tutti si conoscono e  la vita scorre lentamente.

L’esistenza monotona di Maggie viene però sconvolta di punto in bianco quando il suo amico del cuore Howard Burton, il ragazzo che conosce da sempre e che ha sempre pensato sarebbe un giorno diventato suo marito, le comunica invece che ha deciso di lasciare il paese per cercare fortuna in Rhodesia.

Col cuore spezzato e umiliata Maggie non vede l’ora di poter sfuggire alla compassione della gente del villaggio dove la sua triste vicenda è ormai sulla bocca di tutti.

L’occasione non tarda molto a presentarsi e ha le fattezze di un bel giovane irlandese che risponde al nome di Pierce Maloney.
Pierce con modi molto galanti conquista subito la fiducia e l’affetto della giovane Maggie tanto che la ragazza accetta immediatamente di sposarlo.

Dopo appena tre mesi dal loro primo incontro i coniugi Maloney sono in viaggio verso il bellissimo Castello di Glenn, l’antica proprietà di famiglia.

Purtroppo si sa che gli irlandesi sono gente abile con le parole e bravissima ad infiorettare la realtà e così la povera e giovane Maggie si ritroverà a fare i conti con verità scomode e cocenti delusioni.

L’amore che prova per Pierce sarà sufficiente a darle la forza di affrontare tutte le avversità e le dure prove che la vita metterà sul suo cammino?

“Castelli di sabbia” potrebbe sembrare all’inizio un libro in puro stile Jane Austen, ma proseguendo nella lettura molti sono gli autori e i generi che si rincorrono tra sue le pagine.

Charles Dickens è il primo autore che mi viene in mente perché a tutti gli effetti “Castelli di sabbia” è un romanzo di formazione, Maggie Carvel cresce e diventa una donna matura nel corso degli anni trasformandosi da ragazzina impulsiva e anche un po’ viziata in una donna altruista e riflessiva.

Le tinte fosche in cui vengono descritti alcuni personaggi ed alcuni luoghi oltre a Dickens non possono non richiamare alla mente autori suoi contemporanei quali ad esempio Wilkie Collins, collaboratore e amico dello stesso Dickens, autore di romanzi gialli dal fascino misterioso.

Le descrizioni dell’Irlanda e del castello di Glenn hanno poi indubbiamente anche un che di fiabesco e così a tratti ci si aspetterebbe da un momento all’altro di veder apparire dal nulla un folletto o un leprechaun  che danzano sulle note di un'antica ballata irlandese.

Con Maggie, protagonista indiscussa del romanzo, si muovono sulla scena tre figure maschili; tre uomini che, seppur molto diversi tra loro, sono tutti innamorati di Maggie e sono da lei ricambiati anche se in modi differenti.

Quali siano questi modi e cosa Maggie apprezzi maggiormente di ciascuno di loro lascio a voi il piacere di scoprirlo attraverso la lettura di questo romanzo davvero particolare.

Howard Burton, il primo amore di Maggie, ci viene presentato all’inizio come un ragazzo piuttosto goffo ed impacciato, ma si rivelerà essere un uomo tenace e capace di costruire la propria fortuna facendo affidamento solo sulle proprie forze, incarnando così l’esempio del self-made man tipicamente dickensiano.

Pierce Maloney è invece l’eterno ragazzo, generoso e altruista, ma purtroppo anche portato a vivere in un mondo tutto suo, un mondo creato dalla sua fantasia che lo spinge il più delle volte a comportarsi da irresponsabile.
È un uomo dal carattere debole che fugge sempre dinnanzi alle proprie responsabilità ed è totalmente incapace di affrontare i più banali problemi quotidiani.

E infine c’è lui,  il terzo uomo, Lord Revelstone, colui che appena appare sulla scena con il suo modo di fare altezzoso e scontroso riporta alla mente subito il famoso Mr. Darcy di Orgoglio e Pregiudizio.
Per onestà devo anticiparvi che il suo personaggio non raggiunge certo le vette del forse più ammirato ed amato personaggio austeniano, ma nel suo piccolo vi posso assicurare che anche Lord Revelstone riuscirà a conquistare il cuore di più di una lettrice.
Il disilluso e disincantato Richard Revelstone si rivelerà, nonostante il suo carattere all’apparenza asociale e scorbutico,  un amico costante e fedele sia per l'inaffidabilr Pierce Maloney che per l’orgogliosa Maggie Carvel.

Qualche parola merita di essere spesa anche sui coniugi Askewautori del romanzo.

Alice (1874 1917) e Claude Askew (1865-1917) furono una coppia di acclamati scrittori londinesi che scrissero diversi romanzi a quattro mani.
Il successo arrivò per loro con il romanzo intitolato The shulamite che diede vita ad un film muto, prodotto dalla Paramount Pictures, dal titolo Sotto la frusta.
Ebbero una vita avventurosa durante la quale viaggiarono moltissimo.
Morirono durante la navigazione verso Corfù a causa di un siluro tedesco che colpì e affondò il piroscafo sul quale stavano viaggiando.

“Castelli di sabbia” fa parte della collana VociRiscoperte della casa editrice Scrittura & Scritture.

Con la collana VociRsicoperte questa casa editrice indipendente ha deciso di pubblicare alcuni grandi romanzi del passato ormai introvabili in Italia.

Non ci resta quindi che ringraziare Scrittura & Scritture per l’impegno profuso nel cercare di restituire a noi lettori questi romanzi dimenticati e nel regalarci la possibilità di fare la conoscenza con interessanti autori del passato spesso a noi ignoti.





domenica 12 febbraio 2017

“Gli occhi della Gioconda” di Alberto Angela

GLI OCCHI DELLA GIOCONDA
di Alberto Angela
RIZZOLI
La Gioconda è il dipinto più famoso al mondo e si stima che venga ammirato al Louvre da circa sei milioni di persone ogni anno.

Su quest’opera d’arte sono stati scritti tantissimi libri e quindi perché scegliere il libro di Alberto Angela in mezzo ad una così sterminata bibliografia?

“Gli occhi della Gioconda” è un libro unico nel suo genere, come ogni libro di questo autore.
Alberto Angela infatti grazie alla sua grande capacità di sintesi riesce ancora una volta a regalarci una storia estremamente coinvolgente ed appassionante, ovvero riesce attraverso un raffinato linguaggio giornalistico dal taglio televisivo, a porgerci un ritratto completo di Monna Lisa non solo in quanto opera d’arte, ma anche come prezioso oggetto inquadrato all’interno di un determinato periodo storico, scientifico e culturale.

Il grande interrogativo del libro è: chi era Monna Lisa nella realtà?

Tutti noi siamo soliti identificarla con Lisa Gherardini, figlia di Antonmaria Gherardini, di famiglia nobile decaduta.
Il nome di Gioconda gli deriverebbe dall’aver sposato, appena quindicenne, un mercante fiorentino, Francesco del Giocondo, rimasto vedovo per la seconda volta.
Proprio lui avrebbe commissionato il ritratto della moglie a Leonardo Da Vinci.

Alberto Angela risponde alla domanda conducendoci alla scoperta di una verità alternativa. Lo fa con il suo infondibile stile, prendendoci per mano con l’intento di farci scoprire nuovi possibili scenari attraverso dettagli e indizi degni di una indagine da spy story.

Angela sostiene che non si possano apprezzare interamente i capolavori dell’arte se non si entra nei dettagli della vita e nei particolari delle esperienze personali che hanno formato l’artista che li ha ideati; allo stesso modo ritiene che non si possono apprezzare le opere d’arte se non si conosce l’epoca in cui l’autore di queste ha vissuto e gli ha dato vita.

Egli lascia quindi che sia proprio la Gioconda stessa ad accompagnarci a Firenze, Milano, Roma, Amboise e in tutti quei luoghi dove Leonardo operò e presentarci così l’artista attraverso la storia del suo dipinto più famoso, parlandoci al tempo stesso delle tecniche pittoriche, degli studi della prospettiva, dei cartoni e dei disegni preparatori opera del grande maestro.

Attraverso Monna Lisa ci avviciniamo al genio del più grande artista del Rinascimento.
Impariamo a conoscere un Da Vinci che dipingeva molto lentamente, che aveva continui ripensamenti ed era talmente perfezionista da intervenire più e più volte sui suoi dipinti anche nel corso degli anni.

Il libro di Alberto Angela non si limita a parlarci solo dell’artista e dell’inventore Leonardo ma anche dell’uomo.
Un uomo descritto dai contemporanei come una persona pacifica, sensibile, gentile eppure capace di progettare terribili macchine da guerra.

Come gli altri volumi di Alberto Angela, il libro è suddiviso in capitoli ognuno dei quali corredato di bellissime immagini che si integrano perfettamente al testo.

La lettura è piacevole, scorrevole e non si può che rimanere affascinati dal racconto e dalle inaspettate curiosità, alcune tanto singolari da riportarci alla mente argomenti molto diversi e lontani da quello trattato.

Mi riferisco in particolare ad un brano tratto da il “Libro del Cortegiano” (1528) di Baldassarre Castiglione che Alberto Angela cita a sostegno di una delle tesi per l’identificazione di Monna Lisa; ebbene questo passo che vi riporto di seguito mi ha richiamato alla mente un passo di “Orgoglio e pregiudizio” di Jane Austen ed inevitabilmente mi sono ritrovata a chiedermi se la Austen avesse preso spunto proprio da qui per il suo dialogo tra Darcy, Caroline Bingley ed Elizabeth Bennet:

E per rispondere in breve a quello che si è detto finora, voglio che questa donna conosca la letteratura, la musica, la pittura e sappia, danzare e fare festa. Alla modestia e alla capacità di crearsi una buona fama deve unire le stesse doti che sono state consigliate per il buon cortigiano. E così avrà sempre grazia nel conversare, nel ridere, nel giocare, nel chiacchierare; e si saprà intrattenere in modo adeguato e piacevole con ogni persona che incontrerà.

Ma ora basta divagare e torniamo a “Gli occhi della Gioconda”.
Che dire ancora? un altro successo del bravo Albero Angela, un’analisi condotta in modo accurato e dettagliato, che indaga sull’identità della donna la cui figura alla fine dell’Ottocento divenne emblema e simbolo della donna fatale per eccellenza.

Ed è proprio questo, alla fine, il segreto del fascino della Gioconda: che ogni epoca, ogni cultura, ogni singola persona, vede in quel famoso sorriso ciò che corrisponde ai suoi sogni, ai suoi desideri, alle sue fantasie.




martedì 2 agosto 2016

“Amy Snow” di Tracy Rees

AMY SNOW
di Tracy Rees
NERI POZZA
Gennaio 1831. Aurelia Vennaway, figlia unica di Lord Charles e Lady Celestina Vennaway, una delle famiglie più in vista della contea dello Hertfordshire, trova ai margini della foresta una neonata abbandonata nella neve.

Nonostante i genitori si oppongano con fermezza alla decisione della figlia di fare crescere la neonata ad Hatville Court, Aurelia con la sua caparbietà riesce ad ottenere il permesso dei genitori.
La bimba decide di chiamare la trovatella Amy Snow: Amy come la sua bambola preferita e Snow ovviamente perché ritrovata nella neve.

La madre di Aurelia cerca in tutti i modi di tenere Amy distante dalla figlia, ma senza risultato, in quanto niente e nessuno sembra essere abbastanza forte da riuscire a tenere le bambine lontana l’una dall’altra evitando che crescano insieme come due inseparabili sorelle.

La storia del romanzo inizia nel gennaio 1848. Amy è prossima a lasciare Hatville Court dopo la prematura morte di Aurelia, avvenuta alla giovane età di soli 25 anni, a seguito di una malattia cardiaca.

Aurelia ha lasciato ad Amy una somma di appena 100 sterline o almeno ciò è quello che tutti credono alla lettura del testamento, ma la giovane ha lasciato molto di più all’amica del cuore.

Per entrare in possesso della cospicua eredità e conoscere i segreti di Aurelia, Amy Snow però dovrà lasciare quella casa a lei ostile, ma pur sempre l’unica che abbia mai conosciuto, ed addentrarsi nel vasto mondo a lei ignoto.
Come unica guida avrà le lettere che l’amica le ha lasciato e che la condurranno lungo un difficile ed impegnativo cammino, scandito dalle tappe della caccia al tesoro che, per un’ultima volta, l’amica ha predisposto per lei, così come era solita fare quando era bambina.

Il viaggio di Amy Snow inizia a Londra e da lì la ragazza raggiungerà diverse città dell’Inghilterra in ognuna delle quali farà la conoscenza di persone di ogni tipo.
Aurelia ha messo in guardia Amy sul fatto di dover stare molto attenta a non farsi rintracciare dai suoi genitori onde evitare di dover restituire il cospicuo lascito.
E se all’inizio la paura di essere scoperta sarà legata al timore di dover difendere l’eredità dalle mani dei vendicativi Vennaway, ben presto Amy comprenderà che in gioco c’è molto di più di questo perché l’amica le ha celato un grande segreto che solo ora, dopo la sua morte, intende rivelarle.

Tracy Rees riesce a coinvolgere il lettore fin dalle prime pagine. La storia è avvincente ed i personaggi sono affascinanti.

Attraverso le pagine di questo libro rinasce il romanzo vittoriano.
Numerosi sono gli accenni a Charles Dickens, tra l’altro autore preferito dalle eroine del libro, che influenza non solo le aspettative di Amy sulla città di Londra, ma si ritrova nelle atmosfere, nei diversi personaggi e persino nella descrizione delle case.

“Amy Snow” ha però molto in comune anche con i romanzi austeniani: i due protagonisti maschili Garland e Henry potrebbero benissimo essere usciti dalla penna di Jane Austen così come le descrizioni caustiche e sferzanti dell’alta società inglese dell’epoca.

L’affresco storico che ne risulta è perfetto, l’autrice si è ben documentata e traspare in ogni riga quanto questo periodo sia da lei amato; ritroviamo nel romanzo della Rees tutti i temi cari al romanzo vittoriano: la ferrovia, i riferimenti all’industrializzazione del nord, la società di Bath, la filantropia...solo per citarne alcuni.

Ogni personaggio meriterebbe una menzione particolare, ma non essendo questo possibile, lascio al lettore il piacere di scoprire la bella galleria che l’autrice è riuscita a regalarci.

Mi concentrerò solo sui quattro personaggi principali: Amy, la vera protagonista, Aurelia la cooprotagonista la cui storia viene raccontata attraverso le lettere inviate all’amica nonché dalla voce del ricordo dell’amica stessa, il signor Garland e Henry Mead.

Aurelia ed Amy sono due donne molto forti e coraggiose, più scapestrata ed appassionata la prima, più riflessiva e attenta la seconda.
Amy è cresciuta all’ombra di Aurelia e quando deve prendere in mano la sua vita e affrontare il mondo a lei sconosciuto ha indubbiamente paura, ma è anche abbastanza forte nella sua insicurezza per tirare fuori la grinta e le capacità necessarie per superare ogni ostacolo.

Il romanzo della Rees può essere definito un romanzo di formazione proprio come quelli dickensiani in cui l’eroe/l’eroina nel suo percorso crescono e raggiungono la piena maturità.

I due uomini inducono non poco in difficoltà il lettore.

Il signor Garland è educato, raffinato ed elegante. Uno che ha l’aria che neppure il vento potrebbe spettinare e i cui abiti nemmeno la volontà divina sarebbe in grado di stazzonare.

Anche il signor Henry Mead è affascinante seppur in maniera diversa. È cordiale, franco e allegro. Sta cerando di trovare la sua strada e, come ogni giovane, è assediato dalle incertezze e dalle delusioni dei mortali.

Chi dei due però è colui che davvero non nasconde inganni? E se entrambi non fossero ciò che sembrano? Le domande assillano il lettore fino alle pagine conclusive del romanzo.

Ciò che incanta più di ogni altra cosa in questo libro è che nulla può essere dato per scontato, e se vero che forse ad un certo punto si intuisce quale sia il segreto di Aurelia, fino all’ultimo non si ha mai alcuna certezza sui reali sentimenti e intenzioni dei due pretendenti di Amy.

“Amy Snow” è un romanzo assolutamente da leggere consigliato a tutti gli appassionati del romanzo vittoriano e ai lettori che hanno ormai consumato le pagine dei libri di Jane Austen in loro possesso, agli amanti del romanzo storico, agli appassionati della vecchia Inghilterra…

Un romanzo da leggere tutto d’un fiato che ci riporta indietro nel tempo e che ha la capacità di farci sognare come solo i grandi classici hanno saputo fare.







giovedì 13 agosto 2015

“Austenland: a novel” di Shannon Hale

AUSTENLAND
A NOVEL
di Shannon Hale
BLOOMSBURY
Protagonista del libro è Jane Hayes, apparentemente una normalissima trentaduenne newyorkese, ma nella realtà una giovane ossessionata da un’insana passione per Mr. Darcy.

Amante di Jane Austen e delle sue opere, è affascinata dalla trama di “Orgoglio e Pregiudizio”, ma ancor di più è affascinata dal Mr. Darcy interpretato da Colin Firth nell’adattamento della BBC del 1995.

Quella di Jane per Mr. Darcy è una vera e propria malattia che le impedisce di vivere serenamente qualunque relazione con uomini reali, cosa che getta nello sconforto non solo sua madre, ma anche la sua più cara amica Molly poiché entrambe vorrebbero vederla felicemente accasata.

Alla morte della sua prozia Carolyn, riceve da questa una strana e gradita eredità: un viaggio in Inghilterra e un soggiorno di tre settimane ad Austenland.

Austenland è una specie di villaggio turistico nel quale gli ospiti possono immergersi totalmente nell’atmosfera dell’epoca Regency.
All’interno di Austenland non è permesso portare nulla di moderno che sia biancheria intima o uno smartphone, non è permesso inoltre nessun contatto con il mondo esterno.

Il viaggio non è rimborsabile e Jane accetta felice di poter partecipare a questa entusiasmante avventura, certa che lì potrà incontrare finalmente il gentleman perfetto che attende da una vita, poco importa se sia tutta una finzione.

Nonostante l’amore per i romanzi della Austen, non sarà facile però per Jane calarsi immediatamente nella parte assegnatale e destreggiarsi, agghindata di pizzi e merletti, sulla scena laddove non si capisce più dove finisca la realtà e inizi l’inganno.

Gli incontri non mancheranno: sarà Martin, il bel tenebroso giardiniere o l’ideale e compunto Mr. Nobley, perfetta incarnazione di Mr. Darcy, a conquistare il cuore di Jane Hayes? Riuscirà Jane a guarire dalla sua ossessione?

Il libro non è mai stato tradotto in italiano e la sua prima edizione negli Stati Uniti è del 2007. Ad “Austenland: a novel” l’autrice ha fatto seguito con un altro volume intitolato “Midnight in Austenland”.

Nel 2013 “Austenland” è stato portato sul grande schermo (titolo del film in italiano “Alla ricerca di Jane”) ed il ruolo di Jane Hayes è stato interpretato da Keri Russell mentre i ruoli di Martin e di Mr. Nobley sono andati rispettivamente a Bret McKenzie e JJ Field.

Credo che sia uno dei pochi casi in cui la trasposizione cinematografica sia migliore del libro da cui è stata tratta.
Non sto dicendo che il film sia un capolavoro, ma senza dubbio risulta più scorrevole e piacevole del romanzo; una visione più che gradevole per gli appassionati del genere come me.

Devo ammettere che il film è a tratti davvero demenziale, ma è divertente e comico nel suo essere sopra le righe, riuscendo sempre a strappare un sorriso allo spettatore.
Il libro invece non risulta convincente perché troppo abbozzato; non altrettanto spiritoso e spassoso della versione cinematografica, tradisce inoltre l’aspettativa del lettore di potersi confrontare con riferimenti e richiami alle opere di Jane Austen molto più profondi e numerosi.

Lo stesso personaggio di Jane Hayes uscito dalla penna di Shannon Hale sembra piuttosto scialbo e sbiadito, privo di carattere e forza, così come piuttosto discutibili sono i racconti dei vari fidanzati di Jane che fanno da introduzione ad ogni capitolo del libro.
E’ vero che nella seconda parte del romanzo Jane decide di prendere in mano le redini del gioco, ma non convince mai totalmente.
Diverso invece nel film dove il cambiamento di rotta è ben marcato grazie anche ad una buona interpretazione di Keri Russell.
Del resto mentre nel libro Jane ha ricevuto in eredità la possibilità di vivere la sua avventura, qualcuno quindi la indirizza e lei nonostante tutto prova indecisione; nel film la protagonista sceglie volontariamente di andare in Inghilterra ed è disposta a tutto anche a rinunciare ai risparmi di una vita pur di coronare il suo sogno adolescenziale.

L’idea di base di questo romanzo è di per sé molto accattivante, milioni di Janeites avrebbero trovato piacevole rispecchiarsi nella protagonista di “Austenland”, chi non ha mai sognato di poter vivere qualche giorno nell’epoca Regency?

Mentre il romanzo quindi non mantiene ciò che promette, restando sempre in bilico tra il romanzo rosa e la parodia; il film sceglie decisamente la strada della parodia, però lo fa nel migliore dei modi, caricando al massimo alcuni personaggi senza preoccuparsi di renderli anche grotteschi ma allo stesso tempo riuscendo a dare spazio ad una bella storia d’amore.

Nel film come già accennato precedentemente sono state apportate alcune modifiche alla storia. Qualche differenza è di per sé poco influente: per esempio nel film non appaiono la zia Saffronia ed il marito, sostituiti direttamente dalla proprietaria/direttrice di Austenland ovvero Mrs. Wattlesbrook e consorte.

Altre variazioni invece sono più rilevanti e a tutti gli effetti sono quelle che cooperano a fare del film una storia più viva e godibile di quella del romanzo: così Mr. Nobley non è più un semplice attore tra i tanti, ma è il nipote di Mrs. Wattlesbrook che partecipa per la prima volta ad una vacanza nell’epoca Regency, scelta che rende tutto molto più austeniano.

Lo stesso finale del film è molto più romantico e più vicino al modo di sentire delle fans di Jane Austen.
Nel libro Mr. Nobley, un semplice attore che da molto tempo recita il suo ruolo all’interno di Austenland, raggiunge Miss Jane Erstwhile (nome che viene assegnato a Jane durante la sua permanenza sul suolo britannico) per dichiararle il suo amore sull’aereo che la sta riportando in America, scelta diciamolo piuttosto banale e scontata.
Nel film invece scelta decisamente più indovinata, Mr. Nobley che in realtà è un professore di storia e che è stato fedele a se stesso per tutta la durata della permanenza di Jane ad Austenland, si presenta un po’ intimidito a casa di Jane negli Stati Uniti, con la scusa di riportarle il quaderno degli schizzi che lei aveva dimenticato.

Personalmente darei dieci all’autrice per l’idea, ma cinque al suo romanzo; un bell’otto invece va decisamente al film ed alle capacità di regista e attori per essere riusciti a trasformare in modo eccellente la materia letteraria a loro disposizione.




Il consiglio: se volete godervi la storia e magari farvi due risate, guardatevi il film.
Se decidete però sia di leggere il libro che di vedere il film, leggete prima il romanzo. Io purtroppo ho visto prima il film e questo ha indubbiamente influito negativamente sul mio giudizio sul romanzo.







                                                                

domenica 30 novembre 2014

“Il matrimonio delle sorelle Weber” di Stephanie Cowell

IL MATRIMONIO DELLE SORELLE WEBER
di Stephanie Cowell
BEAT

Ci sono volte in cui scrivere una recensione è più difficile di altre, non perché non si sappia cosa dire, ma semplicemente perché scriverla significa che si è giunti all’ultimo atto, terminato questo calerà per sempre il sipario su quei personaggi che ci hanno tenuto compagnia e saremo inevitabilmente costretti a lasciarli andare.

E’ vero ci saranno altri libri, altre storie, magari altri mondi da esplorare e senza dubbio altri personaggi da conoscere che prenderanno il loro posto, ma questo pensiero non attenua quella malinconia che ci ha colti immediatamente dopo aver letto l’ultima riga dell’ultima pagina.

E’ con questo spirito dunque che oggi mi accingo a parlarvi di “Il matrimonio delle sorelle Weber” di Stephanie Cowell.

Siamo nel 1842 a Salisburgo e Sophie Weber, la più piccola delle quattro sorelle, ormai ottantenne si appresta a raccontare la storia della sua famiglia a Vincent Novello, un giovane inglese, interessato a raccogliere materiale sulle giovani Weber e sul famoso musicista e compositore al quale esse furono molto vicine ovvero Wolfgang Amadeus Mozart.

Un giovedì sera come tanti a Mannheim in casa Weber, Herr Fridolin attendeva gli ospiti insieme alla moglie Maria Cecilia ed alle quattro figlie: Josepha, la maggiore di diciannove anni, Aloysia, Costanze e Sophie.

Le riunioni del giovedì sia per Fridolin Weber che per tutta la sua famiglia erano così importanti da passar sopra al fatto che gli altri giorni della settimana sarebbero stati costretti a fare i salti mortali per fare quadrare il bilancio perché in verità di soldi in casa ce n’erano davvero pochi.
 
Fridolin Weber era un copista di musica, un po’ compositore, sapeva suonare diversi strumenti. Gli incontri del giovedì erano riunioni in cui si faceva musica con gli ospiti e in cui le due figlie maggiori potevano dare sfoggio delle loro grandi qualità canore.

Proprio in una di quelle sere la famiglia Weber fece la conoscenza del giovane Mozart accompagnato nell’occasione dalla madre.

Mozart si innamorò perdutamente della bella Aloysia, ma non potendola sposare subito perché pressato dalla propria famiglia affinché raggiungesse il successo e l’indipendenza economica prima di accasarsi, fu costretto a chiedere alla ragazza di aspettarlo.

Aloysia accettò la proposta, ma in seguito si lasciò sedurre da un giovane pittore Joseph Lange e, in attesa di un figlio da questi, decise di sposarlo abbandonando Mozart al suo destino.

Herr Mozart uscì col cuore a pezzi dalla storia con Aloysia, ma col tempo riuscì a superare l’amara delusione e trovò un nuovo amore.
Si innamorò di un’altra sorella Weber e nonostante i numerosi contrattempi, fraintendimenti e malintesi questa volta riuscì a coronare il suo sogno d’amore e a sposare la fanciulla.
Sappiamo dalle prime pagine che non si può trattare di Sophie, io narrante della storia, resta quindi da scoprire chi sarà la prescelta tra Josepha o Costanze.

Io non vi svelo il mistero e il mio consiglio è quello di non leggere il riassunto sulla quarta di copertina del libro in modo da non rovinarvi il piacere della lettura.

Il romanzo è basato sugli avvenimenti della vita del giovane Mozart e ci racconta di un periodo della vita del compositore forse meno conosciuto di altri.

Spesso, infatti, la letteratura, le biografie, il cinema e la televisione ma anche le rappresentazioni teatrali ci hanno riportato aneddoti sulla vita di Mozart enfant prodige oppure ci hanno riferito dei suoi costanti e gravosi contrasti con Salieri.

Il periodo trattato dal romanzo della Cowell è invece quello in cui il giovane Wolfgang Amadeus Mozart cerca di affermare se stesso come musicista indipendente: egli non vuole vestire nessuna livrea ed il suo unico desiderio è quello di poter vivere liberamente della sua musica scrivendo quello che più gli aggrada.

Una fase, questa, nella vita del famoso musicista per nulla semplice; un periodo in verità fatto di molte rinunce e tante porte sbattute in faccia oltre a qualche bella pedata assestata nel fondoschiena nel vero senso letterale del termine!

La presenza delle sorelle Weber nella vita di Mozart ebbe un’importanza davvero significativa non solo a livello sentimentale, ma anche artistico.
La conoscenza di queste giovani donne fu fondamentale per la sua educazione sentimentale, ma lo fu ancora di più perché esse divennero anche le sue muse, le sue principali ispiratrici.
Mozart scrisse pezzi sia per Aloysia che per Josepha, ma al di là dei componimenti che scrisse perché loro potessero cantarli, significativa fu la profonda ispirazione che egli trasse dalle Weber per delineare i personaggi femminili delle sue opere.

Diversi sono i libri in letteratura le cui protagoniste sono quattro sorelle, possiamo ricordare tra i grandi classici “Orgoglio e pregiudizio” di Jane Austen, “Piccole donne” di Louisa May Alcott e “La storia di una bottega” di Amy Levy.

“Il matrimonio delle sorelle Weber” (titolo originale "Marrying Mozart") si può tranquillamente collocare tra questi classici che ci parlano dell’iniziazione di giovani donne alla vita adulta, unica differenza è che il romanzo di Stephanie Cowell è tratto dalla vita reale.

Le quattro sorelle Weber erano dotate tutte quante di forte personalità nonostante avessero caratteri molto diversi tra loro.

La bella Aloysia, una giovane viziata, altezzosa ed egoista, non riesce a suscitare la simpatia del lettore e sinceramente non si può che tirare un sospiro di sollievo per il giovane Mozart quando il matrimonio va in fumo.
Le parole di Josepha riguardo alla sorella ed il promesso sposo sono molto indicative al riguardo:

mi spiace per lui, perché lui la ama e lei non ha cuore

Josepha dotata come Aloysia nel canto era però penalizzata dall’alta statura che la rendeva meno bella della sorella.
Costretta a vivere all’ombra di Aloysia, soffriva di un complesso di inferiorità che la rendeva incostante e ribelle. Il suo più grande e unico desiderio era trovare qualcuno che la amasse a dispetto di tutto e di tutti.

Costanze era forse delle tre sorelle quella che più sentiva la musica pur non essendo particolarmente dotata, non era, infatti, né una brava esecutrice né una brava cantante.
Si limitava a copiare quella musica che amava così tanto e che spesso la faceva commuovere fino alle lacrime.
Costanze riconosceva un grande valore ai legami familiari. Il suo obiettivo era quindi quello di riuscire a tenere unite le sorelle e la madre cercando in ogni modo possibile di evitare contrasti, ripicche e contese.

Infine c’era la piccola Sophie: dolce, gentile e comprensiva, amava gli animali, sempre pronta a difendere i più deboli e disposta a spendere una buona parola per chiunque. Credeva fermamente che la sua vita dovesse essere dedicata a Dio ed alle opere di carità.

L’intrigo del romanzo è appassionante; il racconto ricco di pianti, dispetti, rivalse, riconciliazioni, bugie e cose non dette è narrato da un punto di vista tutto femminile.

E’ vero che la storia è molto romanzata, ma è altrettanto vero che è scritta con tanta grazia, arguzia e garbo che non la si può non apprezzare e restarne affascinati e coinvolti fin dalle prime pagine.

“Il matrimonio delle sorelle Weber” è un libro divertente e scorrevole; una lettura gradevole, poco impegnativa che decisamente vi consiglio.



martedì 24 dicembre 2013

“Una carrozza per Winchester” di Giovanna Zucca

UNA CARROZZA PER WINCHESTER
di Giovanna Zucca
FAZI EDITORE
“Una carrozza per Winchester. L’ultimo amore di Jane Austen” è un romanzo di fantasia ricco però di riferimenti a reali episodi della vita della scrittrice.
Come la stessa Giovanna Zucca tiene a precisare nella sua nota alla fine del volume, i protagonisti della storia non avrebbero in alcun modo potuto interagire tra loro in quanto Sir Thomas Addison, nato nel 1793, era diciotto anni più giovane di Jane Austen.
Si ritiene che la malattia di cui abbia sofferto e che abbia condotto alla morte la celebre scrittrice sia stato proprio il morbo di Addison, un morbo che colpisce le ghiandole surrenali e che fu scoperto proprio dallo stesso medico qualche anno dopo la morte della Austen.

Ispirata da questa scoperta Giovanna Zucca ha immaginato una storia d’amore e di passione tra la grande scrittrice preromantica ed il medico-scienziato, ricreando intorno ad essi un’atmosfera tipicamente austeniana.
Nelle pagine di “Una carrozza per Winchester” facciamo conoscenza non solo con gli Austen: Jane, la sorella Cassandra ed i fratelli Henry e James, ma anche con gli aristocratici Winnicott, esponenti della “nobiltà di campagna” e gli abitanti della canonica, i coniugi Bolt.
Non possono certo mancare poi due dolci ed avvenenti fanciulle legate tra loro da una profonda amicizia, Miss Angelica Winnicott e Miss Jane Mary Addison, e ovviamente, come in ogni storia in perfetto stile Jane Austen che si rispetti ci sono intrighi, cuori infranti e nuovi amori che sbocciano all’improvviso.

Non è facilissimo fare un quadro preciso di questo romanzo poiché in esso si alternano pagine di stupefacente profondità di pensiero e stringente logica a pagine, passatemi il termine, piuttosto spente.
In realtà ciò dipende molto dalla personalità dei vari personaggi.
Prendiamo per esempio Mrs Bolt: la sua descrizione è molto acuta e la macchietta della donna ipocrita e indiscreta è davvero ben riuscita. Da rilevare però che, mentre nei romanzi di Jane Austen personaggi di questo tipo riuscivano sempre e comunque a strappare un sorriso al lettore, nelle pagine di Giovanna Zucca, il personaggio di Mrs Bolt risulta solo indisponente ed odioso.
La dolce e perfetta Angelica Winnicott invece sembra davvero troppo svenevole e stucchevole, non ricordo nessun personaggio nei romanzi della scrittrice inglese che possa esserle paragonato.
Davvero molto ben riusciti sono i personaggi di Jane Mary e di Sir Addison, così come la descrizione di Lady Addison, madre e moglie assente. Perfetti anche tutti gli altri personaggi: Henry, Cassandra, gli Winnicott, Sir Charles, Mr Hodgkin.
L’idea del romanzo di Giovanna Zucca è originale e direi per quasi geniale, ma il personaggio di Jane Austen, nonostante lei fosse realmente una donna forte e anticonvenzionale, risulta a volte un po’ forzato e poco credibile per l’epoca.
Verosimile ed intensa è la descrizione della nascita dei sentimenti di amore che legano Miss Jane a Sir Addison, ma la decisione di fuggire a Bath con l’uomo amato, senza chaperon, risulta troppo fantasiosa e davvero improbabile per quanto ben scritta e devo dire anche piacevole da leggere.
La Austen sarà stata senza dubbio una donna fuori dal comune, ipercritica e graffiante nelle descrizioni dei costumi e della società del suo tempo, ma addirittura immaginarla fare una scelta del genere risulta davvero eccessivo.

Eppure nonostante tutto il risultato è un romanzo godibile e ben riuscito che scorre veloce e tiene il lettore incollato alle pagine.
Idee e pensieri sull’amore, sull’amicizia e sulle convenzioni sociali della scrittrice inglese, vengono rielaborati e filtrati da Giovanna Zucca attraverso un punto di vista moderno e aperto.
“Una carrozza per Winchester” è l’omaggio all’opera di Jane Austen da parte di una sua fervente ammiratrice.