giovedì 25 agosto 2016

“La soffiatrice di vetro” Theresa Révay

LA SOFFIATRICE DI VETRO
di Theresa Révay
SONZOGNO
“Livia Grandi ou Le souffle du destin” è il romanzo di esordio sulla scena italiana di Theresa Révay, autrice della quale nei mesi precedenti vi avevo già proposto due splendidi romanzi “Le luci bianche di Parigi” e “L’altra riva del Bosforo”.

Siamo nel 1945 e la guerra è appena terminata. Livia Grandi appartiene ad una importante famiglia di vetrai di Murano.
Livia ha il vetro e il fuoco nel sangue, dovrebbe essere lei l’erede naturale della famiglia, ma in quanto donna alla morte del nonno, il famoso Alvise Grandi, vede infrangersi il suo grande sogno, obbligata a lasciare il controllo delle vetrerie al fratello che, contrariamente a lei, non ha mai avuto la passione per il vetro e che da quando è tornato dal fronte non è più lo stesso.

Flavio Grandi ha 26 anni all’apparenza è un uomo taciturno, arrogante, invidioso e irascibile, ma tutto è una facciata, nella realtà il fratello di Livia è un uomo insicuro e fragile che non riesce a dimenticare gli orrori vissuti durante il conflitto.

In realtà il titolo del libro è fuorviante: è vero che Livia Grandi è la protagonista del libro, ma non è la sola. La sua storia è piuttosto il filo che lega le storie di tutti gli altri personaggi, anch’essi protagonisti, del romanzo.

Si potrebbe quasi affermare che l’unica e vera protagonista del libro sia l’arte millenaria di lavorare il vetro, possa essere quest’arte riconosciuta nelle vetrate della Lorena, nei vetri di Murano o nei cristalli della Boemia.

Un’altra figura di donna emerge tra le pagine del romanzo di Theresa Révay ed è quella di Hannah Wolf.
Hannah ha subito uno stupro di gruppo a seguito del quale ha dato alla luce una bambina, come gli altri sudeti è stata deportata e ha dovuto lasciare tutto ciò che possedeva, iniziare una nuova vita in un campo profughi, lei ragazza di buona famiglia cresciuta nel rispetto dei valori borghesi, si è dovuta adattare a vivere in un modo completamente a lei estraneo.

Hanna però è una donna forte e, nonostante le difficoltà, riesce a ritrovare se stessa e a conquistare il suo angolo di mondo.

La guerra ha travolto tutto e tutti, ma soprattutto le donne che sono dovute crescere in  fretta, loro che erano abituate a vivere protette tra le mura domestiche da mariti, padri, fratelli.
Gli uomini invece, che le avevano lasciate ragazzine timide e indifese, al loro ritorno non comprendono come la guerra le possa avere tanto indurite e rafforzate, loro che invece la guerra ha reso insicuri e sfiduciati.

Tre donne e i loro fratelli: Elise e François, Hannah e Andreas, Livia e Flavio. Ognuno a modo suo deve ritrovare il proprio equilibro, riappropriarsi della propria vita, elaborare il lutto e superare il trauma.

Quello che ogni volta mi stupisce di questa autrice è la sua magistrale capacità di creare personaggi reali, carichi di passione e di riuscirne ad indagarne perfettamente la psicologia facendoli crescere e mutare man mano che la storia procede.
Non sempre le scelte dei protagonisti incontrano il favore del lettore, ma proprio per questo riescono a risultare più vivi e reali, con le loro debolezze, i loro ripensamenti, i loro dubbi e le loro paure che danno ancora più forza al valore delle loro conquiste.

Theresa Révay ha eseguito inoltre come sempre un lavoro preciso e puntuale di ricerca così che la sua storia risulti completamente convincente ed i suoi personaggi siano  perfettamente inquadrati nella realtà dell’epoca.

“La soffiatrice di vetro” è un libro emozionante e coinvolgente come tutti i romanzi dell’autrice francese e per chi come me è appassionata delle sue storie, non resta che sperare che qualche casa editrice italiana decida di pubblicare presto anche le altre sue opere.





domenica 21 agosto 2016

“Terra perduta” Ann Moore

TERRA PERDUTA
di Ann Moore
SUPERBEAT

Primo romanzo di una trilogia dedicata all’Irlanda moderna e alla diaspora dei suoi abitanti, “Terra perduta” è un romanzo che parla di amore, rivolta, libertà ed oppressione.

Ann Moore sceglie gli anni Quaranta del XIX secolo come punto di partenza del suo racconto.
Alla vigilia di una lunga carestia che metterà in ginocchio l’intero paese, la popolazione irlandese ridotta allo stremo delle proprie forze dalla fame, dal tifo e dalla vessatoria politica inglese, nonostante l’amore per la propria terrà sarà costretta, suo malgrado, a lasciare il proprio paese nel tentativo di sopravvivere.

Protagonista di questo primo romanzo è Grace O’Malley, tipica bellezza irlandese dagli occhi blu e dai capelli di un rosso scurissimo, ereditati dalla madre.

La famiglia O’Malley un tempo era padrona di una vastissima tenuta nell’Irlanda del Nord, poi ai tempi di Giacomo II, ultimo sovrano cattolico in Inghilterra cadde in disgrazia e fu ridotta in povertà.

Come tutti coloro che erano appartenuti ad antiche famiglie cattoliche, ora anche gli O’Malley sono semplici affittuari di un appezzamento di terra di proprietà inglese.
La terra coltivata, per lo più a patate, dalla famiglia di Patrick O’Malley è di proprietà dei Donnelly.

In un momento tanto difficile per la sopravvivenza della famiglia, la salvezza assume le sembianze di Bram Donnelly, secondogenito di Lord Donnelly.

Squire Donnelly è stato “esiliato” dal padre nella contea di Cork a causa delle sue continue e inopportune scappatelle a Londra, già due volte vedovo nonostante abbia solo una trentina di anni, si invaghisce ad una festa della giovanissima Grace O’Malley e decide di farne la sua terza moglie.

Nonostante Grace sia segretamente innamorata, e a sua insaputa corrisposta, di un amico di infanzia, il giovane Morgan McDonagh, accetta di sposare lo squire inglese per il bene della propria famiglia.
Il matrimonio dopo un primo periodo in cui sembra poter funzionare, si rivela invece un totale fallimento.
Bram Donnelly confermerà ben presto la sua fama di uomo violento e collerico mentre l’orgoglio irlandese di Grace, oltre all’amore per la propria famiglia e per la propria terra, si scontrerà ben presto con l’arroganza e la superbia del marito che non perde occasione per calpestare la vita, indegna ai suoi occhi, degli irlandesi.

“Terra perduta” è un’opera di grande narrativa, una prosa perfetta, un romanzo che conquista.
Forse un po’ faticosa la lettura delle prime pagine, ma una volta entrati nel pieno della storia la lettura diventa scorrevole e si è completamente conquistati dalla narrazione e dai suoi affascinanti personaggi.

Grace O’Malley è indubbiamente l’eroina del romanzo che con la sua forza, la sua grazia, la sua tenacia e la sua bontà, riesce a sconfiggere la miseria, la vigliaccheria e la cattiveria del marito Bram Donnelly.
Ogni personaggio fa rivivere attraverso la propria storia quell’antico mondo irlandese popolato di fate e folletti, il mondo di un popolo orgoglioso del suo passato, della sua terra e delle sue origini. Un mondo intriso di magia tenuto in vita dalle ballate e dai canti della sua gente.

Patrick O’Malley vive per i suoi figli e la sua terra, così come Nonna, altro ben riuscito personaggio, che con la sua esperienza riesce a tenere unita la famiglia, lei che tutto vede e sa grazie all’antica saggezza.

I due personaggi maschili a cui Grace è oltremodo legata sono il fratello Sean e l’amico Morgan.

Sean nonostante i problemi fisici a seguito dell’incidente nel quale aveva perso la vita la madre e il cui racconto apre il romanzo, è dotato di una grande forza interiore, è intelligente e scaltro.
Morgan invece è forte, protettivo e coraggioso; devoto a Sean, è innamorato da sempre di Grace.

Quello descritto da Ann Moore è un mondo ancestrale, un mondo dove tutti si conoscono e si danno una mano, un mondo che rappresenta ormai la fine di un’epoca per un popolo, quello irlandese, fiero delle proprie tradizioni, disposto a sacrificare la vita per la propria terra e per tutti gli irlandesi.

Credo che Cathy Cash Spellman parlando di questo libro sul New York Times abbia colto in pieno lo spirito del romanzo: Se amate il suono gioioso delle risate irlandesi e il fiume di lacrime da cui spesso sgorga, Terra perduta vi colpirà dritto al cuore.




martedì 2 agosto 2016

“Amy Snow” di Tracy Rees

AMY SNOW
di Tracy Rees
NERI POZZA
Gennaio 1831. Aurelia Vennaway, figlia unica di Lord Charles e Lady Celestina Vennaway, una delle famiglie più in vista della contea dello Hertfordshire, trova ai margini della foresta una neonata abbandonata nella neve.

Nonostante i genitori si oppongano con fermezza alla decisione della figlia di fare crescere la neonata ad Hatville Court, Aurelia con la sua caparbietà riesce ad ottenere il permesso dei genitori.
La bimba decide di chiamare la trovatella Amy Snow: Amy come la sua bambola preferita e Snow ovviamente perché ritrovata nella neve.

La madre di Aurelia cerca in tutti i modi di tenere Amy distante dalla figlia, ma senza risultato, in quanto niente e nessuno sembra essere abbastanza forte da riuscire a tenere le bambine lontana l’una dall’altra evitando che crescano insieme come due inseparabili sorelle.

La storia del romanzo inizia nel gennaio 1848. Amy è prossima a lasciare Hatville Court dopo la prematura morte di Aurelia, avvenuta alla giovane età di soli 25 anni, a seguito di una malattia cardiaca.

Aurelia ha lasciato ad Amy una somma di appena 100 sterline o almeno ciò è quello che tutti credono alla lettura del testamento, ma la giovane ha lasciato molto di più all’amica del cuore.

Per entrare in possesso della cospicua eredità e conoscere i segreti di Aurelia, Amy Snow però dovrà lasciare quella casa a lei ostile, ma pur sempre l’unica che abbia mai conosciuto, ed addentrarsi nel vasto mondo a lei ignoto.
Come unica guida avrà le lettere che l’amica le ha lasciato e che la condurranno lungo un difficile ed impegnativo cammino, scandito dalle tappe della caccia al tesoro che, per un’ultima volta, l’amica ha predisposto per lei, così come era solita fare quando era bambina.

Il viaggio di Amy Snow inizia a Londra e da lì la ragazza raggiungerà diverse città dell’Inghilterra in ognuna delle quali farà la conoscenza di persone di ogni tipo.
Aurelia ha messo in guardia Amy sul fatto di dover stare molto attenta a non farsi rintracciare dai suoi genitori onde evitare di dover restituire il cospicuo lascito.
E se all’inizio la paura di essere scoperta sarà legata al timore di dover difendere l’eredità dalle mani dei vendicativi Vennaway, ben presto Amy comprenderà che in gioco c’è molto di più di questo perché l’amica le ha celato un grande segreto che solo ora, dopo la sua morte, intende rivelarle.

Tracy Rees riesce a coinvolgere il lettore fin dalle prime pagine. La storia è avvincente ed i personaggi sono affascinanti.

Attraverso le pagine di questo libro rinasce il romanzo vittoriano.
Numerosi sono gli accenni a Charles Dickens, tra l’altro autore preferito dalle eroine del libro, che influenza non solo le aspettative di Amy sulla città di Londra, ma si ritrova nelle atmosfere, nei diversi personaggi e persino nella descrizione delle case.

“Amy Snow” ha però molto in comune anche con i romanzi austeniani: i due protagonisti maschili Garland e Henry potrebbero benissimo essere usciti dalla penna di Jane Austen così come le descrizioni caustiche e sferzanti dell’alta società inglese dell’epoca.

L’affresco storico che ne risulta è perfetto, l’autrice si è ben documentata e traspare in ogni riga quanto questo periodo sia da lei amato; ritroviamo nel romanzo della Rees tutti i temi cari al romanzo vittoriano: la ferrovia, i riferimenti all’industrializzazione del nord, la società di Bath, la filantropia...solo per citarne alcuni.

Ogni personaggio meriterebbe una menzione particolare, ma non essendo questo possibile, lascio al lettore il piacere di scoprire la bella galleria che l’autrice è riuscita a regalarci.

Mi concentrerò solo sui quattro personaggi principali: Amy, la vera protagonista, Aurelia la cooprotagonista la cui storia viene raccontata attraverso le lettere inviate all’amica nonché dalla voce del ricordo dell’amica stessa, il signor Garland e Henry Mead.

Aurelia ed Amy sono due donne molto forti e coraggiose, più scapestrata ed appassionata la prima, più riflessiva e attenta la seconda.
Amy è cresciuta all’ombra di Aurelia e quando deve prendere in mano la sua vita e affrontare il mondo a lei sconosciuto ha indubbiamente paura, ma è anche abbastanza forte nella sua insicurezza per tirare fuori la grinta e le capacità necessarie per superare ogni ostacolo.

Il romanzo della Rees può essere definito un romanzo di formazione proprio come quelli dickensiani in cui l’eroe/l’eroina nel suo percorso crescono e raggiungono la piena maturità.

I due uomini inducono non poco in difficoltà il lettore.

Il signor Garland è educato, raffinato ed elegante. Uno che ha l’aria che neppure il vento potrebbe spettinare e i cui abiti nemmeno la volontà divina sarebbe in grado di stazzonare.

Anche il signor Henry Mead è affascinante seppur in maniera diversa. È cordiale, franco e allegro. Sta cerando di trovare la sua strada e, come ogni giovane, è assediato dalle incertezze e dalle delusioni dei mortali.

Chi dei due però è colui che davvero non nasconde inganni? E se entrambi non fossero ciò che sembrano? Le domande assillano il lettore fino alle pagine conclusive del romanzo.

Ciò che incanta più di ogni altra cosa in questo libro è che nulla può essere dato per scontato, e se vero che forse ad un certo punto si intuisce quale sia il segreto di Aurelia, fino all’ultimo non si ha mai alcuna certezza sui reali sentimenti e intenzioni dei due pretendenti di Amy.

“Amy Snow” è un romanzo assolutamente da leggere consigliato a tutti gli appassionati del romanzo vittoriano e ai lettori che hanno ormai consumato le pagine dei libri di Jane Austen in loro possesso, agli amanti del romanzo storico, agli appassionati della vecchia Inghilterra…

Un romanzo da leggere tutto d’un fiato che ci riporta indietro nel tempo e che ha la capacità di farci sognare come solo i grandi classici hanno saputo fare.