mercoledì 28 maggio 2014

“Le luci bianche di Parigi” di Theresa Révay

LE LUCI BIANCHE DI PARIGI
di Theresa Révay
BEAT

Non sarà facile parlarvi di questo romanzo perché, come sempre accade quando ci si imbatte in un libro che ci coinvolge e ci appassiona molto, si ha sempre l’impressione che qualunque cosa si scriva non si sarà mai in grado di rendergli giustizia mettendo sulla carta le emozioni che abbiamo provato leggendolo.

“Le luci bianche d Parigi” è uno di quei romanzi che inizia lentamente per poi accelerare improvvisamente senza permettere al lettore di rendersi conto di come sia potuto accadere che egli sia stato completamente assorbito dall’intreccio della storia. Accade e basta e da quel momento inizia l’eterno conflitto tra il desiderio di arrivare all’ultima pagina per conoscere il finale e l’ansia di scoprirlo perchè allora tutto finirà e dovrà abbandonare quei personaggi ai quali è ormai affezionato.

Un accenno alla trama. La contessina Ksenija Fedorovna Osolin è impegnata nei preparativi della festa che si terrà per il suo compleanno.
Figlia del Generale Fedor Sergeevic e di Nina Petrovna Osolin, la contessina è una ragazzina bionda con gli occhi grigi nella quale già si scorge la meravigliosa donna che diventerà un giorno. E’ fiera, orgogliosa e spesso intransigente.

Siamo nel febbraio del 1919 in piena guerra civile russa, il padre di Ksenija verrà assassinato nella sua stessa casa dai bolscevichi e lei sarà costretta a fuggire con quello che rimane dei membri della sua famiglia.

Durante il lungo viaggio che la condurrà a Parigi perderà anche la madre e, ritrovandosi sola in un paese straniero lontano dalla sua amata San Pietroburgo, dovrà fare da madre e da padre alla sorella minore Masa e al fratellino di pochi mesi Kirill.
Unico conforto nell’esilio è Njanocka che da anni si prende cura della sua famiglia, una vecchia contadina russa, una donna del popolo devota alla memoria della contessa Nina Petrovna Osolin e ai suoi figli.
A Parigi Ksenija lavorerà come ricamatrice per pochi soldi che le basteranno solo a sbarcare il lunario e a pagare l’affitto di una piccola, umida e maleodorante mansarda.
Ma con quei quattro soldi Ksenija riuscirà a fare studiare Masa e Kirill e un giorno, per un colpo di fortuna ma sopratutto grazie alla sua avvenenza, troverà lavoro come modella in una prestigiosa casa di moda diventandone ben presto la modella di punta.

Nel frattempo a Berlino il barone Max von Passau dedica la sua vita all’arte della fotografia, arte che inizia ad affermarsi in quanto tale proprio dai primi del XX secolo.
I due si incontreranno per caso una sera in un locale di Montparnasse mentre Ksenija è alla ricerca della sorella scappata di casa dopo un pesante litigio. Il loro è un incontro casuale che cambierà per sempre le loro vite.

Capita che la vita un giorno ti porti all’incrocio di ogni possibilità. Ksenija era fatalista. Pensava che la Provvidenza lasciasse liberi di fare delle scelte, ma conducendo ineluttabilmente ciascuno verso il proprio destino.

Quello tra Ksenija e Max sarà un amore sofferto fatto di passione e amore ma carico di contraddizioni, un amore fatto di frasi non dette e di segreti, una storia dove l’orgoglio giocherà brutti scherzi.

“Le luci bianche di Parigi” è il racconto di un amore burrascoso ed intenso, pieno di paure di risentimento e rimpianti, un amore fatto di partenze e ritorni.

Theresa Révay ci regala una galleria di personaggi perfettamente riusciti
Non solo i protagonisti ma tutti i personaggi che interagiscono con loro sono tutti, nessuno escluso, magistralmente descritti e delineati, c’è un’attenzione particolare alla psicologia di ognuno di loro che li fa sembrare veri e reali.

Quello che colpisce poi è come in questo romanzo tutti i personaggi siano stati inseriti con grande abilità da parte dell’autrice all’interno di un potente affresco storico descritto in modo eccellente.

Difficile trovare un libro dove storia romanzata e storia reale si intreccino e si fondano in maniera così perfetta e si leghino a tal punto da diventare una cosa sola.

Dopo le prime pagine piuttosto lente, il dinamismo del racconto prende il sopravvento e gli avvenimenti storici incalzano il lettore trasportandolo nel vivo della storia con la descrizione delle difficoltà del popolo russo in esilio forzato, dell’ascesa di Hitler in Germania e della situazione che diventa giorno dopo giorno sempre più drammatica per la popolazione di origine ebraica.

“Le luci bianche di Parigi” (titolo originale dell’opera “La louve blanche”) è un libro assolutamente da leggere, un romanzo intenso e che fa riflettere, affascinante e sorprendente.




mercoledì 14 maggio 2014

“Storia d’inverno” di Mark Helprin

STORIA D’INVERNO
di Mark Helprin
NERI POZZA
Vi anticipo subito che sono stata a lungo indecisa sull’affrontare o meno la lettura di questo romanzo e, lo ammetto, la mia incertezza nasceva in buona misura dall’impegno che avrei dovuto affrontare vista la mole di un libro di ben 844 pagine.

Poi la mia curiosità è stata ulteriormente solleticata dal trailer del film tratto dal romanzo uscito al cinema nel mese di febbraio e del cui cast fanno parte attori quali Colin Farrell e Russell Crowe.

Non ho ancora visto il film, ma dopo aver letto il libro, posso fare due considerazioni: la prima è che il romanzo è talmente complesso che dubito fortemente che la trasposizione cinematografica possa esserne all’altezza e la seconda è che l’idea che mi ero fatta del racconto era completamente errata.

La New York di fine Ottocento è una città in mano alla criminalità e le varie bande si scontrano per le strade per ottenerne il controllo.
Peter Lake è un ladro che lavora in proprio dopo un periodo di appartenenza alla banda dei Coda Corta, i temibili sgherri comandati dal perfido e crudele Pearly Soames.
Proprio da questi viene continuamente braccato ma grazie ad un fedele alleato, un bellissimo stallone bianco in grado di saltare interi isolati, Peter Lake riesce sempre a sfuggire ai suoi agguerriti inseguitori.
Un giorno il ragazzo si trova casualmente davanti alla lussuosa dimora dei Penn e introducendosi nell’abitazione per rubare, conosce Beverly Penn una ragazza bellissima prossima alla morte. Sarà di questa donna “insistente, egoista e delirante” che il giovane si innamorerà perdutamente permettendole di sconvolgergli l’esistenza…

Questo è solo l’inizio del racconto, da qui poi prendono il via molteplici storie che si sovrappongono e si incrociano all’infinito.
L’azione si svolge in un arco di tempo lunghissimo che va dalla fine dell’Ottocento fino all’avvento del nuovo millennio.
I personaggi sono tantissimi ed alcuni di loro riescono a viaggiare nel tempo incrociando le loro vite passate con quelle di altri nuovi personaggi che vivono alla fine del secolo successivo.
Apparentemente il racconto si svolge secondo una cronologia classica ma in realtà la storia è una storia fuori dal tempo, dove ogni cosa ci riporta ad un mondo fantastico, popolato da strani personaggi che vivono ai confini della realtà.

Il racconto all’inizio ha qualcosa del romanzo dickensiano: la descrizione degli uomini della baia in contrapposizione a quella dei newyorchesi, laddove la baia è un mondo fantastico e pieno di umanità in cui la vita scorre lenta seguendo il ritmo delle stagioni mentre la città è invece il luogo della violenza e delle latta per potere e ricchezza.
Tale contrapposizione non può non richiamare alla mente il confronto tra la città e la campagna così marcato negli scritti dell’autore vittoriano.

Difficile definire questo romanzo che sin dalle primissime pagine appare un racconto surreale e fantastico.
“Storia d’inverno” però non può essere incasellato, questo libro appartiene ad un genere tutto suo che non può essere definito né fantasy né tanto meno fantascienza.

Molto descrittivo e molto ben scritto il romanzo avverte fortemente l’influenza dell’aspettativa, dell’ansia e della tensione proprie della fine del millennio.
Molte pagine ricordano quell’atmosfera di ritorno alla new age che si era impossessata di molti negli ultimi anni del Novecento ed il racconto a tratti ricorda quella letteratura di fine secolo a cui appartengono libri come “La profezia di Celestino” e “La decima illuminazione” di James Redfield.

“Storia d’inverno” è uscito nella sua prima edizione nel 1983 (titolo originale dell’opera “Winter’s Tale”) e anche se ormai sembra molto distante nel tempo, se ci soffermiamo un attimo a pensare non è poi tanto difficile ricordare l’aria che si respirava nell’attesa dell’anno 2000 così carica di aspettative e speranze ma anche di tensione e paura.

Non posso dire che sia un libro veloce e scorrevole, a volte è appesantito dalle descrizioni talvolta anche un po’ lunghe e minuziose ma sempre bellissime e toccanti.
Spesso si è tentati di tornare a rileggere alcune frasi per imprimerle nella mente o anche solo per comprenderle meglio.

“Storia d’inverno” è un libro che costringe il lettore a leggerlo fino alla fine, riesce sempre ad incuriosirlo e a tenere alta la tensione.

Il libro di Mark Helprin ha la forza di trascinarci in un mondo diverso e ovattato, riesce a farci sognare e vorremmo anche noi un giorno poter pattinare sul lago ghiacciato, correre sulla slitta verso i paesaggi dei Coheeries, conoscere i suoi abitanti e perché no? magari un giorno anche attraversare il muro di nuvole cavalcando Athansor.