domenica 24 novembre 2013

“Angel” di Elizabeth Taylor (1912 -1975)

ANGEL
di Elizabeth Taylor
BEAT
Edizione originale NERI POZZA
Elizabeth Taylor (omonima della celebre attrice) è una scrittrice britannica tra le più amate del Novecento. I suoi romanzi sono stati spesso accostati a quelli di E. M. Forster (1879 – 1970) per il modo di rappresentare sia l’ambiente della media borghesia sia quello delle realtà sociali più povere.
E’ stato scritto inoltre che le sue opere ricordano quelle di un’altra grande autrice inglese tanto che il San Francisco Chronicle l’ha definita proprio la Jane Austen del XX secolo”.

A convincermi del fatto che dovessi assolutamente leggere questo libro sono state la curiosità suscitata dalle note sull’autrice e la sinossi nella quarta di copertina “In uno di quei villaggi dickensiani della vecchia Inghilterra, vive Angel Deverell (…)
Il romanzo però si è rivelato molto lontano dalle mie aspettative. Non sono rimasta assolutamente delusa dal libro, davvero ben scritto, ma piuttosto sorpresa perché mi ero immaginata tutt’altro sviluppo della storia e soprattutto una protagonista completamente diversa.

Angel Deverell è una ragazzina quindicenne indolente e indisponente. Vive con la madre vedova, una donna dolce e mite, proprietaria di una drogheria. Angel, che grazie agli sforzi economici della madre e della zia frequenta una scuola privata, non riesce ad accettare di dover vivere al limite dell’indigenza. Vive nel suo mondo fantastico, in una realtà parallela creata dalla sua immaginazione: sogna di essere ricca, una vera lady e di vivere in una casa splendida, Paradise House, quella stessa villa dove lavora a servizio sua zia Lottie.
Sempre più esasperata dal rapporto conflittuale con la madre, Angel lascerà la scuola per rincorrere il suo sogno: diventare una scrittrice. Angel non solo riuscirà a pubblicare i suoi romanzi ma grazie a questi guadagnerà tanto da potersi permettere di comprare quella stessa casa che aveva occupato le sue fantasie giovanili.

Angel Deverell ha davvero poco dell’eroina. Fin dalle prime pagine è una ragazzina sfuggente, anaffettiva e superba. Il modo di rapportarsi con la madre, il trattamento che riserva a questa sconvolge il lettore turbandolo profondamente, perché l’astio che Angel prova nei confronti della madre è qualcosa che va al di là della classica animosità adolescenziale nei confronti di un genitore.
Angel diventerà donna, ma la sua corazza diventerà sempre più dura. Grazie al suo carattere inflessibile, al rigore e alla severità che la contraddistinguono riuscirà a raggiungere il successo e persino a sposare l’uomo tanto desiderato ma nulla di tutto questo riuscirà a salvarla dalla sua solitudine.
Angel Deverell è una donna egoista ed egocentrica, incapace di mostrare i propri sentimenti agli esseri umani e proprio per questo motivo ama circondarsi di ogni specie animale: cani, gatti, pavoni, pony….
La realtà è sempre filtrata attraverso la sua fantasia: il suo matrimonio è perfetto perché lei lo vuole vedere tale, non si rende conto che il “suo” Esmé non è vero, ma è solo una proiezione della sua fantasia e del suo desiderio. Persino quando il tradimento di questi sarà evidente, si aggrapperà con tutte le sue forze alla finzione per cancellare l’ovvio e continuare a rifugiarsi nella menzogna.

Non si può amare Angel, ma nel corso della storia si impara a provare compassione per lei e l’astio che il lettore prova nelle prime pagine per la ragazzina insensibile e viziata, lascia il posto alla commiserazione nei confronti della donna esigente e fredda che non riesce ad aprirsi al prossimo perché incapace di ammettere di aver bisogno di amore.
Angel nella sua vita ha sempre cercato approvazione e adulazione, mai affetto e comprensione; è una donna che solo verso la fine riuscirà ad ammettere, stupendosene lei stessa, di aver paura di restare sola:

“Mi sentivo sola” rispose Angel, e quelle parole la sorpresero.

Si può apprezzare un romanzo anche senza averne amato la protagonista? Certamente sì.
Non posso dire se “Angel” sia il romanzo più o meno riuscito tra quelli scritti da Elizabeth Taylor perché è il primo ed unico libro ad oggi che io abbia letto di questa autrice.
“Angel” è però sicuramente una storia interessante e coinvolgente i cui personaggi sono descritti in maniera magistrale. 
Elizabeth Taylor approfondisce la psicologia di tutti i suoi soggetti, non solo quella della controversa e altezzosa protagonista, ma anche quella dei i co-protagonisti come la fedele e innamorata Nora, il devoto e compassionevole Theo, il debole e mediocre Esmé; senza tralasciare di caratterizzare i personaggi con un ruolo minore tra cui la lungimirante e gelosa Hermione, moglie di Theo o la sorella della madre di Angel, Zia Lottie.

L’ultima parte del romanzo in cui viene descritto il declino della villa e del giardino che fanno da cornice al declino fisico della protagonista sono davvero toccanti così come sono commoventi le immagini della due anziane donne, Angel e la cognata Nora, che trascorrono le loro solitarie serate nelle fatiscenti stanze di Paradise House.
Impossibile non richiamare alla mente le pagine di un grande romanzo dell’Ottocento, ovvero Grandi Speranze di Charles Dickens, con la descrizione di Miss Havisham e della sua enorme casa in decadenza.

Dal romanzo è stato tratto un film nel 2007 diretto da François Ozon in cui Romola Garai interpreta il ruolo principale di Angel.
Non ho avuto la possibilità ancora di vedere il film ma la mia impressione dalla breve visione del trailer è che, come spesso accade nelle trasposizioni cinematografiche dei romanzi, la Angel di  François Ozon sia un personaggio molto distante dalla Angel di Elizabeth Taylor.
Ad ogni modo non resterò con questa curiosità a lungo perché conto di vedere “Angel  - La vita, il romanzo” quanto prima.


domenica 17 novembre 2013

“La figlia del boia” di Oliver Pötzsch

LA FIGLIA DEL BOIA
di Oliver Pötzsch
BEAT
Edizione originale NERI POZZA
Il romanzo è ambientato nella Baviera del 1659, nei giorni che precedono la notte di Valpurga (la notte del 30 aprile), conosciuta anche come la notte delle streghe nelle vecchie tradizioni germaniche, ed il primo maggio, giorno di festa in cui si celebrava l’arrivo della primavera.

A Schongau, città commerciale posta su una collina lungo le rive del fiume Lech, viene ritrovato il cadavere di un bambino. Il piccolo, di nome Joseph Grimmer, era il figlio di un barcaiolo.
Ad essere accusata dell’efferato delitto è la levatrice del paese, Martha Stechlin. 
Le ragioni che inducono il consiglio della città ad accusare la donna sono principalmente due.
La prima è che il ragazzino era solito trascorrere i pomeriggi da lei insieme ad altri quattro bambini (due maschi e due femmine), la seconda è che sul corpo di Joseph Grimmer è stato rinvenuto un simbolo legato al mondo “magico”.
La levatrice viene quindi incarcerata con l’accusa di stregoneria.
Il boia del paese, Jacob Kuisl, descritto come un uomo di corporatura massiccia, dalla chioma irsuta e dalla barba incolta, non crede alla colpevolezza della donna e decide con l’aiuto del medico, Simon Fronwieser, figlio del medico del paese di scagionare la Stechlin.
Alle loro indagini prenderà parte anche Magdalena Kuisl, la figlia ventenne del boia, una ragazza tanto bella quanto intelligente e testarda innamorata di Simon e da questi ricambiata.
La loro storia è contrastata non solo dai genitori ma è anche malvista dai concittadini che non possono accettare che “la figlia di un boia” frequenti una persona rispettabile.
Il boia e la sua famiglia, infatti, sono considerati dalla società come persone da emarginare e da isolare. Il carnefice compie il suo lavoro, è una figura necessaria alla società, ma terminato il suo compito, non può essere considerato una persona degna di essere frequentata.

Pochi sono gli indizi che all’inizio l’autore ci offre per cercare di risolvere il caso: il simbolo tatuato sul piccolo che riconduce all’ambito della stregoneria, il fatto che tutti e cinque i bambini coinvolti siano orfani e quattro di loro siano affidati a famiglie adottive ed infine la rivalità che corre tra la cittadina di Schongau e un’altra cittadina commerciale, la città di Augusta.

“La figlia del boia” è solo il primo di una serie di romanzi scritti da Oliver Pötzsch.
La saga in Germania è già arrivata al suo quarto capitolo, mentre in Italia la casa editrice Neri Pozza ha pubblicato da poco il secondo libro intitolato “La figlia del boia e il monaco nero”.
Vi tranquillizzo subito dicendovi che questo primo volume non implica necessariamente la lettura del secondo capitolo della saga, a meno che ovviamente non siate voi a scegliere di proseguire.
“La figlia del boia” è a tutti gli effetti un libro completo.

Non fatevi sviare dal titolo: il vero protagonista della storia è Jacob Kuisl, mentre la figlia Magdalena è piuttosto una co-protagonista insieme al suo innamorato Simon Fronwieser.
La figura di Jacob Kuisl è una figura affascinate, un uomo temuto ed emarginato, al quale però i concittadini non disdegnano di rivolgersi in caso di necessità.
Egli è esperto di erboristeria e grande conoscitore dell’animo umano: due qualità che lo rendono più competente e capace di qualunque medico nel curare il corpo umano.

Vi chiederete perché Oliver Pötzsch abbia deciso di scrivere di un personaggio tanto singolare quanto può esserlo un boia.
Oliver Pötzsch, nato nel 1970, a Monaco di Baviera è in realtà lui stesso discendente dei Kuisl, la dinastia dei boia a cui appartiene il protagonista del romanzo.
Dopo la morte del cugino di sua nonna, tale Fritz Kuisl, un uomo ossessionato per tutta la vita dalla storia di famiglia, Pötzsch ha la possibilità, grazie alla moglie del defunto parente, di consultare l’immensa quantità di documenti e materiale da lui raccolti nel corso della sua esistenza.
Da qui, proprio da questa raccolta di testimonianze, cronache, resoconti, alberi genealogici, nasce l’idea del romanzo.
L’ambientazione de “La figlia del boia” si basa quindi su dati scientifici e storici dettagliati e reali mentre la trama e alcuni personaggi, tra cui la figura di Simon Fronwieser, nascono totalmente dalla fantasia di Oliver Pötzsch.

Il libro non è solo un romanzo storico, ma nasce da una contaminazione di generi diversi: storico, giallo e thriller.
Il ritmo del racconto si adatta perfettamente all’andamento della narrazione, più lento nelle pagine in cui i protagonisti cercano di far quadrare i vari tasselli dell’indagine per diventare poi incalzante col precipitare degli eventi. La tensione narrativa è comunque sempre alta ed il racconto non è mai noioso. 

“La figlia del boia” è un romanzo originale che ci regala un ampio quadro della società dell’epoca, spesso corrotta e folle, ma soprattutto schiava della superstizione e della sete di guadagno.



lunedì 11 novembre 2013

“Vecchi amici e nuovi amori. Immaginario seguito dei romanzi di Jane Austen” di Sybil G. Brinton (1874 – 1928)

VECCHI AMICI E NUOVI AMORI
Immaginario seguito dei romanzi di Jane Austen
di Sybil G. Brinton
JO MARCH 
C’è una caratteristica propria di quasi ogni coppia felicemente sposata – ovvero il desiderio di vedere matrimoni altrettanto felici tra i propri giovani amici; e in alcuni casi, laddove questo desiderio è forte e le circostanze appaiono favorevoli alla buona riuscita dei loro sforzi, accade che essi si imbarchino nella pericolosa ma piacevolissima impresa di aiutare quelle persone ancora incerte, a prendere una decisione riguardo a questo passo così importante della vita, e fatto ciò, si prodighino a rimuovere ogni ostacolo affinché questa decisione possa celermente tradursi in azione.

Già dall’incipit del romanzo risulta evidente che quello scritto di Sybil G. Brinton è uno di quei libri che vi coinvolgerà talmente da riuscire a tenervi letteralmente incollati alle pagine. 
Farete davvero fatica a posarlo anche solo per un minuto.
Purtroppo però, quando giungerete all’ultima pagina, rimpiangerete di non essere stati in grado di “dosarne” la lettura, poiché la parola fine arriverà inevitabilmente troppo presto.

Non sono mai stata particolarmente attratta dai derivati e dai sequel delle opere austeniane che, tranne in rari casi come per "La trilogia di Fitzwilliam Darcy" di Pamela Aidan, ho trovato del tutto superflui e inutili.

Mi rendo conto che eguagliare la “cara zia Jane” sia impossibile, ma forse proprio per questo sono rimasta affascinata dal libro della Brinton, primo vero sequel dei romanzi austeniani, pubblicato per la prima volta nel 1913.
Questa autrice riesce davvero a farci rivivere le emozioni che abbiamo vissuto con i libri della Austen.  Bisogna senza dubbio riconoscerle il grande merito di essere in grado fin dalle prime righe di trasportarci nel mondo magico dei personaggi austeniani.
Tutti ricordiamo gli incipit dei romanzi di Jane Austen, la loro forza e la loro incisività, ma l’incipit del libro di Sybil G. Briton non ha nulla da invidiare a quelli scritti dall’autrice da lei e da noi tanto amata.

La scelta del titolo è più che azzeccata, perché proprio di nuovi amori e vecchi amici si tratta per tutti noi Janeites che, con grande entusiasmo e partecipazione, siamo felici di poter ritrovare, anche se per breve tempo, tutti i personaggi che ci hanno fatto emozionare con le loro storie nei sei romanzi canonici della Austen.

La bravura della Brinton sta proprio nella sua capacità di far rivivere tutti i personaggi dei romanzi austeniani in un unico romanzo, creando per loro credibilissimi collegamenti di parentele, amicizie e conoscenze, così che la narrazione non risulti mai forzata.

Ottima la scelta di incentrare le storie d’amore sui personaggi che nei romanzi della Austen non erano i veri protagonisti, ma solo co-protagonisti o personaggi secondari.
Certo ognuno di noi avrebbe magari voluto leggere qualcosa di più del suo protagonista preferito, per quanto mi riguarda ad esempio sarei stata felicissima di avere qualche notizia maggiore di Mr. e Mrs. Wentworth ma sarebbe stato un errore e la Brinton è stata abilissima ad evitarlo.

Ciascuno di noi inoltre sarà felice o meno di ritrovare alcuni personaggi. Da parte mia ho sempre detestato Kitty Bennet (Orgoglio e Pregiudizio) e, per quanto la Brinton cerchi nelle sue pagine di dare risalto alla sua esuberanza più che alla sua personalità superficiale ed inconsistente, non riesco proprio a farmela piacere.
Ma ripeto, questi sono giudizi personali, ognuno ha le sue simpatie e antipatie…Devo rendere ad esempio merito alla Brinton di essere riuscita a farmi riconciliare con il personaggio di Mary Crawford (Mansfield Park)…ma la cosa che più ho apprezzato è poter leggere finalmente di Georgiana Darcy (Orgoglio e pregiudizio), l’adorata sorella di Mr. Darcy, una figura della quale ho sempre desiderato conoscere qualcosa di più.

Sybil G. Brinton ha cercato, oserei dire con soddisfacenti risultati, di riprodurre il più fedelmente possibile lo stile di Jane Austen, ma un plauso in questo senso va anche alla traduttrice ed alle curatrici del testo italiano che sono state bravissime a restare fedeli non solo all’originale del testo della Brinton ma anche alla tradizione italiana delle traduzioni austeniane.

Potrei andare avanti per ore a parlarvi di questo libro, ma non voglio rovinarvi la sorpresa. Posso solo dirvi leggetelo...leggetelo…leggetelo…

Un suggerimento: Natale è alle porte e, se avete amiche e amici che adorano Jane Austen, quale regalo più indovinato di una copia di “Vecchi amici e nuovi amori”?

Colgo l’occasione per ringraziare ancora una volta Valeria Mastroianni e Lorenza Ricci della Jo Mach Agenzia Letteraria che, con la collana Atlantide, riescono a donarci sempre delle autentiche perle pescando nei profondi oceani della letteratura dimenticata…

Vi ricordo della collana Atlantide:



giovedì 7 novembre 2013

“Londra. Una biografia” di Peter Ackroyd

LONDRA. UNA BIOGRAFIA
di Peter Ackroyd
NERI POZZA
Londra è una città che contiene ogni desiderio o ogni parola mai pronunciata, ogni gesto o azione mai compiuti, ogni affermazione nobile o insensibile mai pronunciata.

Londra è la città degli eccessi, è una città senza limiti. 
Londra è infinita e con lei non è possibile avere mezze misure: o la si ama perdutamente o la si odia profondamente.
Se appartenete, come me, a coloro che la adorano…allora questa monumentale biografia, un tomo di ben 668 pagine, è davvero il vostro libro.

L'opera di Peter Ackroyd, originario di Acton un quartiere nella parte ovest di Londra, è prima di tutto un atto d’amore nei confronti della propria città. 
Il suo è un progetto ambizioso che vuole celebrare il mito di Londra.

L’autore ci racconta, con la grande capacità narrativa che lo contraddistingue, la storia della città dalle origini fino ai giorni nostri, avvalendosi di una vasta bibliografia e cercando di assimilare più informazioni possibili su di essa attraverso ogni tipo di documento che la riguardi. Moltissime sono le citazioni di personaggi illustri, scrittori, filosofi, poeti, statisti…

La bibliografia su Londra è vastissima, basti pensare solo alla letteratura inglese e a come questa possa essere considerata, sotto alcuni aspetti, “letteratura londinese”. Ogni autore ha parlato di Londra: Chaucer, Dickens, Orwell, Austen… solo per citarne alcuni perché l’elenco sarebbe infinito. Per non parlare poi degli autori stranieri: Nathaniel Hawthorne, Henry James…

Londra è una città cosmopolita, una città che riesce a rinnovarsi giorno dopo giorno, ma allo stesso tempo che riesce a rimanere fedele a se stessa; una città dove il vecchio e il nuovo riescono ad integrarsi e a coesistere magnificamente.
Sir Walter Besant disse “Ho passeggiato per Londra gli ultimi trent’anni, e ho trovato qualcosa di nuovo ogni giorno”, un’affermazione condivisa da molti estimatori della città.

La cosa che colpisce di più è proprio la sua capacità di essere una nazione nella nazione e di riuscire a far sì che ogni suo abitante sia orgoglioso di appartenerle, di poter dire “io sono di Londra”.

La biografia inizia raccontando del letto di mare dell’era giurassica che ricopriva un tempo il territorio, leggiamo poi dei ritrovamenti di rinoceronti e mammut…della Londra celtica e di Londinium, la città romana…l’epoca Elisabettiana…l’epoca Vittoriana…sino ad arrivare ai due conflitti mondiali…e via via fino ai giorni nostri... il punk degli anni Settanta….gli yuppies degli anni Ottanta…

Ogni aspetto della città viene analizzato, non solo la crescita demografica o la storia dei singoli quartieri e del loro sviluppo edilizio.
Ci sono pagine dedicate alla storia del crimine (come non ricordare la vicenda Jack lo squartatore?), alla prostituzione (con numerosi riferimenti al romanzo di Daniel Defoe, “Moll Flanders”), alla violenza per le strade di Londra, al Tamigi e ai suoi affluenti tra cui il famoso Fleet, alle prigioni, al tristemente celebre manicomio di Bedlam, all’economia e al commercio, alle fiere e ai mercati, al traffico, all’amministrazione della giustizia, agli incendi, alle numerosissime chiese, alle taverne…
Sono davvero tantissimi i temi affrontati da Ackroyd per descrivere una città che egli considera una cosa viva: una grande vita che ingloba la somma di vite individuali.   

Londra sarà anche una città ingorda, rumorosa, sporca, violenta, caotica…ma è anche una città forte, orgogliosa, fiera e combattiva che non si può fare a meno di amare.
E ricordate che come il mare e il patibolo, Londra non rifiuta nessuno.