sabato 9 febbraio 2013

“Oliver Twist” di Charles Dickens


Pubblicato a puntate sulla rivista Bentely’s Miscellany dal febbraio 1837 all’aprile 1839, Oliver Twist, secondo romanzo dell’autore che aveva già ottenuto un grande successo con il suo primo lavoro “Il circolo Pickwick”, fu scritto da un Dickens appena venticinquenne.
A differenza del suo primo libro, Oliver Twist è in realtà il più deprimente e per certi aspetti il più irritante di tutti i romanzi dickensiani.  Dopo aver fatto ridere il suo pubblico, con un primo romanzo picaresco e divertente, Dickens offre al pubblico una storia cruda e melodrammatica, dimostrando al tempo stesso, di saper anche maneggiare elementi spettrali e sovrannaturali. Incontriamo, infatti, in Oliver Twist l’elemento “macabro”, elemento attinto dal romanzo gotico del ‘700. A differenza però di quest’ultimo, le cui storie erano spesso ambientate in paesi mediterranei quali la Spagna, la Corsica e l’Italia, Dickens ambienta questo suo libro in una città e per la precisione a Londra. Questa viene descritta a tinte fosche, come un luogo sporco e decadente, con strade piene di fango e infestate dai topi. Londra è in realtà una città comandata dalla “cittadella” dei malviventi, dove a farla da padrone sono l’avidità e l’ingordigia.
Dickens descrive il mondo dei criminali come un mondo dotato di una forza incredibile, per certi aspetti la loro forza è addirittura pari a quella delle istituzioni e spesso questi individui non sono descritti come degli emarginati, ma piuttosto come persone che conducono una vita quasi attraente.
Oliver Twist è un romanzo di formazione e crescita individuale; l’incontro/scontro di Oliver con i criminali con cui viene a contatto e che lo perseguitano è lo scontro tra il bene ed il male, uno scontro che assume anche spesso un valore didattico perché Dickens sottolinea che chiunque, grazie alla propria forza di volontà, può passare dalla parte del bene.
Il romanzo si apre proprio con la nascita di Oliver: una vagabonda muore dando alla luce un bambino che verrà affidato ad un orfanotrofio dove resterà fino all’età di nove anni quando verrà mandato a lavorare per un’impresa di pompe funebri. Oliver, maltrattato sia dalla moglie che dall’aiutante del suo padrone, fuggirà a Londra. Qui sarà costretto ad unirsi ad una banda di ladruncoli di strada e sarà obbligato a partecipare a furti e rapine dal loro capo, Fagin, stereotipo dell’ebreo taccagno. Solo dopo innumerevoli e tragiche peripezie, attraverso un intricato intreccio di avvenimenti e colpi di scena, Oliver scoprirà di avere una famiglia e, venuto a conoscenza delle sue origini, riuscirà anche a riscattarsi definitivamente.
Attraverso le pagine del libro Dickens coglie l’occasione per denunciare alcuni problemi che affliggono la società dell’epoca vittoriana, come lo sfruttamento minorile e le condizioni di degrado in cui vivono le persone più povere nelle città. Non manca di polemizzare con alcune istituzioni dell’epoca: lo stesso ospizio di mendacità, gestito dalla chiesa, nel quale è Oliver è ospitato, viene descritto come un luogo gestito da persone avide e prive di scrupoli che non si preoccupano affatto del bene dei bambini a loro affidati i quali riescono a sopravvivere a stento poiché le persone preposte ad occuparsi di loro li fanno vivere nella sporcizia e nella miseria per intascarsi il denaro destinato al loro mantenimento. La polemica di Dickens investe anche le associazioni filantropiche, così di moda nel periodo in cui lo scrittore vive, ritenendole prive di utilità; secondo lo scrittore la carità elargita da un filantropo fornisce semplicemente un alibi a chi vuole cercare di scaricarsi la coscienza davanti a problemi che dovrebbero invece avere una risposta dalla politica.
Nonostante questo però Dickens resta pur sempre un esponente della sua classe sociale e così inevitabilmente Oliver troverà riscatto solo quando verrà a contatto con la borghesia, in quanto luogo di rinascita spirituale. Poiché soltanto il possesso di denaro e un lignaggio aristocratico-borghese rendono una persona perbene, sarà solo nella cerchia dei suoi amici benestanti che Oliver potrà attuare la sua predisposizione al bene. Alla fine, per quanto il mondo criminale possa essere attraente, il malvivente deve morire, rispettando quella che secondo la mentalità borghese dell’epoca è “la giusta condanna”. Così Fagin muore impiccato e così soccombe Nancy, che poiché ha dimostrato affetto nei confronti di Oliver, prendendone spesso le difese, e dimostrandosi pentita per gli errori commessi durante la sua vita scellerata, viene assassinata da Sikes in un accesso d’ira, riscattandosi così attraverso la morte.
Oliver Twist è stato oggetto di diverse trasposizioni cinematografiche: film, serie tv, miniserie; l’ultimo adattamento è quello del 2005, regia di Roman Polanski, di cui sono da sottolineare soprattutto la splendida fotografia e la magistrale interpretazione di Fagin da parte di Ben Kinsley.